Sei persone arrestate: tre ai domiciliari e tre in carcere. Questa la decisione messa nero su bianco in un’ordinanza dal giudice per le indagini preliminari dopo le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Brescia sulla morte di Francesca Manfredi, la ragazza morta di overdose al primo “buco”, a soli 24 anni, la notte fra il 22 e il 23 agosto 2020. Fatale la sua prima iniezione di eroina in vena. Traccia ne è rimasta nel suo braccio destro: un buco che (si scopre adesso) fu opera di un suo amico e non sua poiché “ella non si è inoculata” la dose “per inesperienza“, dicono le carte dell’inchiesta. Come riportato da Il Corriere della Sera, per il ragazzo che gli ha iniettato l’eroina è scattata l’accusa di omicidio preterintenzionale. Era stato lui a prometterle di farla “sballare più forte“, spiegandole la differenza tra sniffare e iniettare la droga in vena. Il risultato è stata una morte atroce, come solo quella di una giovane può essere, con un’amica che ricorda il respiro affannoso, quel “provare a svegliarla dandole degli schiaffi“, e il panico dovuto al fatto che Francesca “non si rianimava e allora l’abbiamo portata nella vasca da bagno e bagnata sulla testa e sul corpo“. Tutto inutile.



Francesca Manfredi, lo strazio di nonna Gilda

A ricordare i frangenti tragici in cui ha scoperto che la nipote non c’era più è stata la nonna di Francesca, la signora Gilda con cui la vittima ha vissuto fin da quando aveva due anni e due mesi: “Quella mattina mi ha telefonato il suo ragazzo, voleva parlare con mio figlio. Gliel’ho passato e lui, dopo pochi secondi, ha tirato un pugno contro il muro. Io ho pensato: oddio, Francesca avrà avuto un incidente…poi ha chiuso la telefonata è venuto vicino a me sul divano, mi ha preso le mani e me l’ha detto. Sono passati sette mesi ma quel momento è ancora qui, il momento dopo per me non è mai arrivato“. Nonna Gilda ricorda Francesca come “bellissima. su di lei anche uno straccetto diventava un vestito bellissimo. Sapeva come farsi amare. Pensi che dopo tutti questi anni la sua maestra delle elementari è venuta a trovarmi e a parlarmi di lei, quando è successo il fatto. Le voleva ancora bene“.



Darsi pace non è possibile: “Accettare una cosa del genere non è facile. Poi la gente ha detto tante cattiverie…io non ho mai avuto nemmeno un sospetto. Lei è sempre stata giudiziosa, si era diplomata come segretaria d’ azienda ma non ha mai trovato proprio quel lavoro e allora ha accettato di lavorare in pizzeria, trattoria, dove capitava. Negli ultimi tempi aveva firmato un contratto di tre anni ed era così felice… Mi ha detto: nonna posso finalmente comprarmi la macchina. Chissà com’è finita sulla cattiva strada..“. Resta il rammarico di quel giuramento affidato ad un’amica pochi giorni prima della morte: “Da oggi riprovo a stare senza” droga. La sua volontà non è bastata.

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