L’APERTURA DI FRANCESCHINI ALLA LEGA

Non da oggi Dario Franceschini rappresenta uno dei “deus ex machina” delle varie manovre interne al Partito Democratico: da segretario a uomo-ombra vicino a tutti i suoi successori, intessendo trame e puntando più sul compromesso che non sullo strappo.

Il Ministro della Cultura, oggi intervistato da “La Repubblica”, se da un lato sembra chiudere ogni velleità per un futuro del “grande Centro” compire un “assist” politico in direzione del tutto (o quasi) inattesa: «Una Lega moderata può essere la vera svolta nel 2022». Ok che sono compagni di Governo, eppure Pd e Lega resta difficile vederli nel medesimo “campo” politico anche dopo la fine del Governo Draghi: Franceschini infatti pur confermando il naturale campo “avversario” tra i due partiti, si avventura in una “spericolata” previsione su come potrà emergere il dibattito politico dopo il 2023. «Il centrodestra per molto tempo si è retto su un centro forte che viaggiava attorno al 30 per cento, cioè Forza Italia, e una destra marginale. Non è normale che negli ultimi tempi siano invece cresciute due forze, la Lega e Fratelli d’Italia, che si contendono uno spazio a destra ai confini del sovranismo mentre il centro è divenuto quasi marginale. Il mio auspicio è che ci sia un riequilibrio. Avremmo tutti da guadagnare da un avvicinamento della Lega al centro, da una sua evoluzione in questa direzione», spiega il Ministro ed esponente Pd.



PD-M5S, QUALE FUTURO?

Pur ribadendo di non essere la persona adatta per entrare nelle dinamiche di un altro partito, seppur alleato di Governo, Franceschini non “squalifica” Salvini come interlocutore politico, come invece avvenuto all’interno del suo stesso partito nei mesi caldi del Quirinale. «Non ho nessun titolo per entrare nelle dinamiche di un altro partito, ma vedo che anche Salvini si sta positivamente interrogando sul futuro posizionamento della Lega», ammette il Ministro della Cultura. Questo ovviamente non significa immaginare un futuro di coalizione allargata tra Carroccio e Dem, bensì una nuova forma di equilibrio politico che possa in qualche modo – questo lo aggiungiamo noi nel “leggere tra le righe” dell’intervista di Franceschini – indebolire il blocco del Centrodestra formato da Lega-FdI-Forza Italia (che già del suo ci ha messo negli ultimi mesi). «Finita questa fase di unità nazionale noi e la Lega resteremmo sempre avversari nella battaglia politica, ma condividendo lo stesso sistema di punti di riferimento, chiunque vinca le elezioni. A cominciare da europeismo e atlantismo», spiega ancora l’ex segretario Pd escludendo dalla partita, nei fatti, il possibile “grande Centro” che vada da Toti a Renzi. Conclude Franceschini: «Non credo alla rinascita di un Grande Centro trasversale, ago della bilancia. Penso invece che lo spazio del centro sia comunque dentro i due rispettivi poli». Nel merito del futuro rapporto tra Pd e M5s il Ministro non nasconde le diversità, anche se ribadisce «abbiamo avuto giornate problematiche, ma non tali da incrinare il rapporto con il Movimento, che certo sta vivendo un percorso di maturazione. Ogni partito ha le sue dinamiche interne e più sono grandi più è normale che ci sia un dibattito tra le varie componenti. Anche dentro i 5Stelle».



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