Francesco Bellomo è stato destituito dalla magistratura. La sentenza definitiva del Consiglio di Stato, come riportato dal Corriere della Sera, è stata emanata in virtù del fatto che l’ex consigliere ha “posto in essere atti lesivi della dignità e dei diritti fondamentali della persona” e “abusato della qualifica di magistrato per sollecitare l’ufficio pubblico destinatario dei suoi interventi per scopi privati collegati alla relazione tra lui e una borsista”. Il riferimento è al comportamento che l’uomo aveva con le studentesse ammesse alla sua scuola di preparazione al concorso di magistratura.



Le motivazioni di 111 pagine ripercorrono le vessazioni subite dalle vittime. A queste veniva fin da subito fatto firmare un contratto con vincolo di segretezza, che prevedeva un dress code con minigonna e tacchi a spillo, l’obbligo di rispondere a domande private relativamente alle proprie relazioni sentimentali e il monitoraggio dei profili social. In caso di rifiuto, le malcapitate venivano escluse dalla scuola. Le condizioni in questione, che nel momento in cui vennero alla luce hanno scatenato la polemica, sono state ritenute inaccettabili dai giudici.



Francesco Bellomo destituito dalla magistratura: la sentenza

La decisione di destituire Francesco Bellomo dalla magistratura presa dal Consiglio di Stato è derivata dalla volontà di condannare dunque il fatto di avere “preteso l’applicazione di clausole contrattuali, prescrizioni regolamentari e l’attuazione di comportamenti o contegni che si palesano lesivi della dignità” e che soprattutto non avevano “nessun plausibile rapporto con la formazione per il concorso”. In più, c’è il caso della relazione avuta con una ragazza in particolare con cui era in rapporti intimi. L’ex consigliere rese pubbliche delle sue confessioni intime, facendo un “uso arbitrario e prevaricante di conversazioni mirate a denigrare la donna” al fine di “dimostrare solo di essere migliore di lei”.



I comportamenti in questione hanno inevitabilmente portato i giudici a ritenere che l’uomo abbia leso “la funzione e il prestigio dell’immagine della magistratura”. È per questo motivo che non potrà più indossare la toga.