Francesco Bidognetti, uno dei ‘padri fondatori’ del clan dei Casalesi, è stato condannato all’ergastolo

Francesco Bidognetti, conosciuto anche come ‘Cicciotto ’e Mezzanotte’, classe 1951, è considerato uno dei ‘padri fondatori’ del clan dei Casalesi. Originario di Casal di Principe, insieme a Francesco Schiavone, Michele Zagaria e Antonio Iovine hanno contribuito a costruire un vero e proprio impero del male attraverso una serie di attività illegali legate allo smaltimento dei rifiuti tossici, urbani e industriali. Come rammenta Il Resto del Carlino, Francesco Bidognetti è considerato il braccio destro di Schiavone. Dal 1993, anno del suo arresto, è recluso al 41 bis, il regime di carcere duro. Nonostante questo Francesco Bidognetti continuava comunque a comandare il clan attraverso la mediazione della compagna Anna Carrino, prima che diventasse collaboratrice di giustizia voltandogli le spalle.



Proprio le testimonianze dell’ex donna del boss Francesco Bidognetti hanno contribuito a dare un brutto colpo ai casalesi con l’emissione di cinquanta ordini di custodia cautelare per altrettanti esponenti del clan. Fu durante il processo Spartacus che vennero azzerati i vertici dell’organizzazione camorristica e Francesco Bidognetti fu condannato all’ergastolo con sentenza confermata in Cassazione nel 2010. Due anni dopo gli fu recapitato un ulteriore provvedimento di custodia cautelare in carcere con l’accusa di disastro doloso e avvelenamento delle falde acquifere aggravato dal metodo mafioso e per aver agevolato la cosca casalese.



Francesco Bidognetti, chi è il boss dei Casalesi che mise nel mirino Roberto Saviano

A proposito del processo Spartacus, proprio durante una udienza del processo d’Appello, il 13 marzo 2008, Francesco Bidognetti attraverso il suo avvocato Michele Santonastaso fece leggere una lettera al presidente della Corte scritta congiuntamente dai boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine (il primo in carcere, il secondo all’epoca latitante), contenente la richiesta di spostamento del processo per legittima suspicione a causa delle influenze che Roberto Saviano, Rosaria Capacchione e i pm Federico Cafiero De Raho e Raffaele Cantone avrebbero avuto sui giudici. “Lui è l’uomo che mi ha condannato”, ha dichiarato Roberto Saviano all’Ansa, alla vigilia del suo nuovo programma su Rai3.



Nella lettera non mancavano i riferimenti a Saviano e alla giornalista Capacchione, tali che il Ministero dell’Interno decise di rafforzare la scorta dello scrittore di Gomorra. Proprio Francesco Bidognetti insieme a Iovine ed agli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello sono stati accusati di minacce aggravate dalla “finalità mafiosa” contro Saviano e Capacchione e nel maggio del 2014 il pm Antonello Ardituro ha avanzato la richiesta di condanna ad un anno e sei mesi di carcere per tutte le persone coinvolte, ad eccezione del boss Antonio Iovine per il quale è stata richiesta l’assoluzione per insufficienza di prove. Nel maggio dello scorso anno i giudici della quarta sezione penale del tribunale di Roma hanno condannato il boss Francesco Bidognetti ad un anno e sei mesi di carcere e l’avvocato Michele Santonaso ad un anno e due mesi per minacce aggravate dal metodo mafioso, mentre D’Aniello è stato assolto.