Francesco Calabrò, chirurgo d’eccellenza in Veneto, autore di migliaia di trapianti, è stato intervistato quest’oggi da Uno Mattina in famiglia per parlare della sua materia: “Sono stato uno dei primi a fare il trapianto dei polmoni a Padova – ha raccontato a Tiberio Timperi in diretta su Rai Uno – io volevo fare inizialmente l’architetto poi nel 1965 mi sono iscritto a Medicina e mi son laureato nel 1971; ho iniziato a frequentare le corsie. La mia grande fortuna è stata quella di fare questo lavoro con passione, è un lavoro tecnico ma la cosa più bella è avere un rapporto con i malati”. Ma quanti pazienti ha salvato Francesco Calabrò? “Non li ho contati ma ho fatto più di 5mila interventi ed ho avuto a che fare con tante persone. Molte si sono salvate e l’importante quando si fa questo lavoro è riuscire ad essere empatici con i pazienti”.



Ad un certo punto Francesco Calabrò è passato ‘dall’altra parte’, finendo egli stesso sotto i ferri per un trapianto di cuore: “Ho avuto un evento che ha messo il mio cuore in difficoltà. Ricordo un trasporto in elicottero dove sotto anestesia pensavo che stessi guidando il velivolo. Sono stato trapiantato ed ho avuto la tranquillità e sicurezza che tutto sarebbe andato bene forse per il privilegio di sapere che un trapianto può salvare la vita”. Cosa succede in attesa del trapianto? “Io ho vissuto questo seguendo i malati. Ero tranquillo perchè sapevo che un trapianto può salvare una vita ma i pazienti che vanno incontro ad un trapianto di cuore o polmone sono solitamente con una vita sedentaria e attendono in condizioni molto critiche l’arrivo dell’organo. Ciò che potevano provare lo vedevo nei loro occhi angosciati, e il mio compito era quello di incutere fiducia in loro in quanto un trapianto può restituire la vita in modo normale”.



PROFESSOR FRANCESCO CALABRO’: “I GIOVANI PROPENSI A DONARE”

Sulle persone che creano gruppi social per far incontrare trapiantati e donatori: “So benissimo che ci sono molte persone che cercano di incontrarsi ma io penso che non sia una situazione favorevole. Magari la famiglia del donatore potrebbe riversare verso di me emozioni non corrisposte e io stesso potrei sentire verso di loro un affetto che potrebbe portarmi problemi psicologici. Ci potrebbe essere anche un aspetto vendicativo, come già successo, quindi ritengo non sia il caso del contatto”.

Quindi il professor Francesco Calabrò ha concluso: “I giovani oggi sono più sensibili alla donazione, esprimono positività all’anagrafe quando gli chiedono se siano favorevoli alla donazione degli organi. Le persone anziane sono invece meno propense. E’ importante non smettere di comunicare in modo efficace la necessità di essere favorevoli alla donazione a qualunque età”.