Ritenere che le decine di migliaia di militanti di Comunione e Liberazione siano confluiti in piazza San Pietro in una luminosa mattina di ottobre unicamente per aderire ad un invito pressante della Fraternità vuol dire sottostimare profondamente la dinamica che si celava dietro a questo incontro.
Quest’udienza di Papa Francesco a Comunione e Liberazione, in concomitanza con il primo centenario della nascita di don Luigi Giussani, ben lontana da essere una pura manifestazione festosa del Movimento, quindi una prova delle sue risorse operative e delle sue capacità organizzative, in realtà ha significato molto di più.
Non si può ignorare infatti come il legame che nei decenni passati ha portato i movimenti ecclesiali a riempire gli spazi della società italiana sembri da tempo non brillare più della stessa luce. Se nel passato i movimenti religiosi – e CL tra questi – si configuravano come il vertice espressivo di una rinnovata sensibilità religiosa che si affermava in seno alla società secolarizzata, adesso, con la guerra in Ucraina, ma anche con il progressivo prevalere delle disconnessioni interne all’universo politico fino a renderlo indifferente rispetto all’esterno, i movimenti appaiono schiacciati e silenziati da una logica che porta ad escluderli e che non vuole sentire ragioni.
Questo mondo, nel quale l’annuncio evangelico sembra oramai inevitabilmente lontano e dissonante dal duro primato dei fatti, si rende anche irrimediabilmente lontano dalla Chiesa, come da ogni spiritualità possibile.
Pertanto per chi, come il movimento di Comunione e Liberazione, vive immerso nel mondo, non è possibile non vivere un momento di interrogazione profonda circa un legame che si è perso, verso una società che non si riesce più a interpretare dal momento che questa ha cessato di comunicare con la Chiesa.
Lo stesso primato della secolarizzazione della ragione politica, in virtù della quale ogni dimensione religiosa non può apparire che secondaria e, proprio per questo, ininfluente, non solo rinvia la Chiesa in un angolo, ma fa anche dei movimenti religiosi una presenza afona, che sembra non potere più dire alcunché di dirimente né di decisivo.
Il Papa è stato visibilmente sorpreso di trovare una piazza strapiena quando tutto, proprio in virtù di questa nuova perifericità del discorso religioso, lasciava presupporre il contrario. Una tale presenza del movimento di CL, in ragione del periodo oscuro che la Chiesa sta vivendo, non può essere lasciata cadere.
La presa in considerazione di don Giussani come una presenza alla quale guardare con gratitudine; un “padre e maestro” dotato di “genialità pedagogica e teologica” che adesso sta “pregando per il Movimento” e verso il quale non ci si deve limitare ad avere nostalgia, quanto piuttosto a nutrire una “memoria grata”, non è affatto un discorso di circostanza ma prelude ad un rinnovato riconoscimento della sua opera. Ciò implica inevitabilmente il guardare a Comunione e Liberazione come ad un capitale di presenza e di fraternità sociale appassionata che non può essere abbandonato, ma va difeso dotandolo della capacità di accogliere i “nuovi germogli”.
Ciò che si è reso evidente nell’incontro di piazza San Pietro è stato allora ed in primo luogo il desiderio di riportare alla luce un legame fiduciario che è anche un rapporto affettivo; un desiderio di fedeltà reciproca e di reciproca stima, quanto più necessari in un contesto come quello attuale.
Non si può negare quanto Papa Francesco abbia oggi abbracciato il Movimento di CL spronandolo verso la memoria e verso la generatività. La prima è data dal ricordo dell’incontro “con il mistero che ha condotto fin qui”, la seconda è assicurata invece dalla potenzialità di un carisma che resta “ancora in gran parte da scoprire”.
Da qui una rinnovata paternità che tuttavia prelude ad un ritorno alle origini, conservando il fascino del primo incontro: quello della “prima Galilea” che “ciascuno di noi ha vissuto”. Ma ciò comporta inevitabilmente anche un legame con l’istituzione, quella che indica la strada, anche se poi è solo il carisma a poterla “rendere bella”.
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