Un documento sul Sacro Cuore strettamente legato al tema della pace da pubblicare nel mese di settembre. È questo l’annuncio che arriva dal Vaticano e che – a primo avviso – pare essere inadeguato alle grandi questioni di carattere geopolitico del nostro tempo: come può una devozione essere una risposta efficace al male del mondo?
Il cuore è un organo che ha avuto molta fortuna in Occidente e nella cultura classica, sede di emozioni e passioni, centro di una dimensione patetica che viene stigmatizzata fin dalla prime righe dell’Iliade come foriera di convulsioni, guerre, spinte che tengono in ostaggio il genere umano. Il cuore è quanto di più lontano dalla concezione dell’Essere dei greci: là dove essi cercano stabilità e immutabilità, lì trovano mutamento e movimento. Per tale ragione asserire che Dio si era fatto carne fino al punto da prendere un cuore coincideva con l’affermazione di un’apparente bestemmia razionalista. Se Dio ha un cuore, allora Dio si muove e abita nella storia. E questo accade, dicono i cristiani, perché il Signore non è riducibile a un freddo logos inamovibile, ma è amore.
Nel medioevo era fortissima l’idea che l’umanità di Cristo era talmente sconcertante da essere semplicemente desiderabile. Gli uomini e le donne del secondo millennio meditavano sulla passione e sul cuore di Gesù perché desideravano per la propria vita un amore del genere, un cuore così. È questo che il documento del Papa in uscita a settembre ci vuole dire: non solo che noi abbiamo bisogno di un cuore come quello di Cristo per amare davvero in questo tempo difficile, ma anche – e soprattutto – che questo cuore ciascuno di noi deve desiderarlo. Io non desidero anzitutto che le cose vadano a posto o che tutto torni in ordine, io desidero per me – come prima cosa – un cuore come quello di Gesù. Perché se c’è quel cuore viene meno la tentazione del possesso, viene meno l’esigenza di avere per essere e percepire tutta la propria dignità.
I popoli pensano di contare qualcosa perché vincono, perché superano gli altri e si affermano su chi li circonda. Il Sacro Cuore ricorda che l’unica cosa che ci rende nobili è un’apertura radicale alla realtà. È nella realtà che noi siamo amati, è nella realtà che noi siamo perdonati. I confini non sono una limitazione al nostro potere, ma lo spazio dove esercitare il nostro amore. Le terre non sono aree di conquista che confermano la nostra forza, ma punti di incontri con storie, culture e domande diverse che rendono grande il nostro popolo. Il Sacro Cuore non è una devozione sterile, che rinchiude gli uomini in un sentimento pietoso della vita, ma un invito a cambiare il modo con cui ciascuno di noi ama e vive.
Dedicare un documento a tutto questo non significa perdere tempo con “cose da preti” mentre il mondo va a fuoco, bensì scegliere di essere profeti in un mondo di violenti combattenti. Anche per questo, per tutto questo, aspettiamo con autentico desiderio una riflessione che è il contributo più concreto e decisivo a quello che gli uomini cercano in questo tempo confuso e affascinante. Parole che sappiano toccare e cambiare il cuore dell’umanità. Quel cuore che è proprio di Cristo, Colui che è traboccante di pace.
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