Francesco Guccini ha perso un amico, ha perso il suo passato, ha perso la storia della musica bolognese. Con la morte di Paolo Pagani, titolare della trattoria “Da Vito”, “finisce un’epoca”, ha sottolineato il cantante ai microfoni de “Il Resto del Carlino”, anzi, del giornalista Giorgio Comaschi, che proprio sull’edizione del quotidiano in edicola oggi, mercoledì 16 febbraio 2022, ha ricostruito quegli anni magici. “Se ne è andato Paolo, l’altra notte, in una stanza del Sant’Orsola, lì di là dalla strada – scrive –. Paolo, l’oste, seduto al suo tavolino, a fare i conti, a controllare il flusso degli studenti che andavano, e vanno ancora, lì sperando di incrociare Francesco il Maestrone, che però è andato a star via”.



Francesco Guccini, aggiunge Comaschi, in quella trattoria ci andava fisso, anche perché “stava a venti metri, via Paolo Fabbri. Ma le epoche che finiscono sono tante. Vito Pagani, il babbo di Paolo, aveva la trattoria dal ’48. Gli anni Settanta li ha vissuti alla grande, con la sua bocca sdentata, le sue notti con Dalla, Francesco, Gaber, Vecchioni, Carboni, tutta la Bologna quella là, delle belle canzoni e delle notti infinite. Poi, alle 4 di una notte del 1988, se ne andò, proprio nell’orario in cui di solito andava a letto”.



FRANCESCO GUCCINI E LE MAZZATE NELLE SERATE “DA VITO”: “SIAMO PIÙ VECCHI”

“Da Vito”, prosegue il giornalista su “Il Resto del Carlino”, arrivavano tutti. Chi da serate musicali, chi da spettacoli, chi da cene a casa di amici, chi da fidanzate mandate frettolosamente a dormire. Un mondo maschile “con qualche apparizione femminile assolutamente rispettata, pur essendo il classico bar, il caffè degli omaracci, con tutti gli annessi e connessi. Discussioni su tutto, politica, sport, un mulino ad acqua, un intervento dell’idraulico, i tempi dei semafori, i viaggi, le balle, tutto nel calderone. E da lì, qualcuno correva a casa a scrivere una canzone, o a iniziare un libro”.

Fino a poco tempo fa si andava lì per chiedere a Paolo Pagani se si fosse visto il Maestrone o per rimirare le vecchie foto appese di felicità passate. Certo, “ci si divertiva e anche molto, e si rideva, ma quando qualcuno si lamentava che non era più così, che era tutto cambiato, arrivava Francesco Guccini con la mazzata: ‘Non è vero. Siamo noi che siamo cambiati, siamo più vecchi’. E lì si andava via un po’ sorti”.