La musica di Francesco Guccini la fa da padrona, all’interno dello speciale di Techetechetè dedicato alle Superstar. Oltre alle sue canzoni, però, ci sono anche gli interventi eruditi sul suo modo di intendere il cantautorato e la musica in generale. Gli spunti per i testi li ha sempre presi da fatti di cronaca, dai quotidiani, ma anche da esperienze, testimonianze, sensazioni o emozioni vissute da sé o da altri. Insomma, il suo genere si basa su “qualunque cosa che può essere raccontata” e che si presta – possibilmente – a essere rielaborata in versi. Techetechetè propone un Guccini d’annata che canta Canzone per un’amica, l’esempio perfetto di quanto appena detto. Dopo l’intermezzo musicale, di nuovo uno spezzone d’intervista: “La canzone d’autore è la colonna sonora dell’umanità da centinaia di anni. Non siamo stati noi a inventarla. E’ un fatto addirittura ‘tribale’. Cambiano solo le modalità del racconto”. (agg. di Rossella Pastore)



Francesco Guccini, un autore “scomodo” vittima di censure

Francesco Guccini è nato nello stesso anno di Fabrizio De André e passato come lui in tenera età attraverso la difficile esperienza della guerra e degli stenti immediatamente successivi, sarà tra gli argomenti di Techetechetè. L’artista è sempre stato considerato un cantautore politicamente impegnato a sinistra, al pari di molti altri anche del decennio successivo, quali De Gregori, Venditti e Bennato. Artista poliedrico, negli anni si è cimentato anche in veste di scrittore (Tempo da elfi, Malastagione e molti altri) e di attore (Radiofreccia, Ti amo in tutte le lingue del mondo, Una moglie bellissima), anche se tutti lo ricordano soprattutto per le sue canzoni dai testi graffianti e fortemente politicizzati.



Guccini è sempre stato un autore “scomodo”, i cui testi hanno spesso subìto i tagli della censura bigotta degli anni Sessanta e Settanta ma che nonostante questo ha sempre avuto un buon successo di pubblico, con canzoni di ispirazione anarchica come “La locomotiva” o autobiografiche come “Via Paolo Fabbri 43”. Il brano che forse più di ogni altro ha colpito l’opinione pubblica è probabilmente “L’avvelenata” del 1976, nella quale Guccini ha espresso tutto il suo sdegno e la sue delusione verso il mondo discografico – anticipando l’Alberto Fortis di “Milano e Vincenzo” di due anni dopo – e alcuni colleghi, utilizzando un linguaggio fortemente scurrile e ovviamente censurato dalla RAI ma che ha avuto un grande successo nelle nascenti radio private.

Francesco Guccini, alcuni aneddoti legati alla stesura dei suoi brani più famosi

In una recente intervista alla rivista Rolling Stone Francesco Guccini, di cui si parlerà a Techetechetè, ha raccontato alcuni aneddoti legati alla stesura dei suoi brani più famosi, ricordando per esempio che “La locomotiva” è stata scritta grazie ad una folgorante ispirazione in poco meno di mezz’ora e che ormai ha smesso di ascoltare musica e di suonare la chitarra; al pari della maggior parte dei suoi colleghi emersi negli anni Sessanta e Settanta, anche Guccini ha sempre preferito mantenere distinta la vita privata da quella pubblica, esponendosi ben poco al gossip ma esprimendosi solo con la musica e i testi delle sue canzoni, ancora oggi molto attuali e gradevoli. Attualmente ha dichiarato di essersi allontanato dal mondo della musica, sia dal punto di vista creativo che come fruitore, e di volersi dedicare maggiormente alla scrittura, al divano di casa sua ed alla televisione… ma solo come spettatore.

L’avvelenata