Il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, è stato collega, sostituto e amico di Falcone e Borsellino. Di loro, soprattutto del secondo, ne parlato però raramente nel corso degli ultimi 30 anni: “Sono stato uditore di Giovanni Falcone – ricorda oggi in una bella intervista del quotidiano Repubblica – conoscevo Paolo Borsellino già prima di entrare in magistratura, per frequentazioni familiari. Poi, venni assegnato a Falcone dal consigliere istruttore Rocco Chinnici, che aveva una cura particolarissima di noi giovani leve”. Lo Voi vide Borsellino nel periodo dei famosi 57 giorni intercorsi fra la strage di Falcone e quella appunto del collega giudice anti mafia: “Lo vidi a fine giugno ’92 – racconta Lo Voi – poco prima di andare in ferie. Mi disse: te ne stai andando in vacanza, ce l’hai una pistola? Io ero già sotto protezione. Gli chiesi: che ci devo fare con la pistola? Lui, con una gran risata, proprio qui fuori da questa porta, in corridoio, mi rispose: “Così almeno muori combattendo”. Fu una delle pochissime volte in cui lo vidi ridere, dopo la strage di Capaci che era avvenuta poche settimane prima”.



Quindi l’ultima telefonata, il 29 giugno: “Lo chiamai per fargli gli auguri, come sempre per San Pietro e Paolo, e fu una telefonata molto breve. Quel giorno lo trovai, contrariamente al solito, preoccupato, direi turbato. Mi ringraziò, ma il tono che percepii era grave. Capii che era molto impegnato in qualcosa che lo assorbiva, la testa era altrove. Non ci sentimmo più”. Ma lo Stato ha fatto abbastanza per proteggere Falcone e Borsellino? “I fatti dicono chiaramente di no. Lo Stato ha rafforzato in qualche modo la sua protezione. Ma certe “sviste”, come quella che lasciò priva di protezione via D’Amelio, notoriamente frequentata dal giudice per andare a trovare la madre, sono sinceramente a tutt’oggi incomprensibili”. Una doppia strage che secondo Lo Voi non è stata solo mafia: “Alcuni collaboratori di giustizia hanno riportato alcune affermazioni di Riina che lasciano pensare quanto meno a una conoscenza da parte di soggetti “altri”. Le indagini fatte dai colleghi di Caltanissetta in questi anni si sono mosse in più direzioni. Peraltro la mafia uccide raramente solo per vendetta”.



FRANCESCO LO VOI: “LA MAFIA E’ ANCORA FORTE MA E’ CAMBIATO IL RAPPORTO CON LA POLITICA”

E anche oggi, a distanza di 30 anni, la lotta contro la mafia non si è ancora esaurita: “Registriamo una presenza ancora capillare di Cosa nostra sul territorio. Insomma, c’è ancora da lottare. Il percorso è lungo. E non ci stanchiamo mai di dirlo: non può essere delegato solo alla magistratura e alle forze dell’ordine”.

La cosa certa è che rispetto a 30 anni fa è cambiato il rapporto fra mafia e politica: “I mafiosi oggi sono interessati ad avere un buon rapporto di mediazione con gli amministratori: più utile avere a che fare con un funzionario pubblico anche di basso livello piuttosto che con il politico di peso. Preferiscono trattare con chi gestisce l’appalto per la manutenzione delle scuole o per la raccolta dei rifiuti o per le mense scolastiche, per essere chiari. Non c’è la caccia al grande politico, ecco”. Nelle scorse settimane fece scalpore la scarcerazione del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca: “Vorrei ricordare che venne arrestato grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Quindi ritengo che la legislazione su di loro sia ineliminabile, irrinunciabile”. Infine, bocca cucina su Messina Denaro, l’ultimo grande boss ancora in libertà: “Di questo non parlo. I latitanti o si prendono o non si prendono. Della cattura non si parla, se non quando è avvenuta”.