Conosco Francesco Meli – oggi considerato uno dei maggiori tenori verdiani in Italia ed all’estero – da quando iniziava la carriera da tenore rossiniano (al Rossini Opera Festival) e mozartiano (alla Scala) ossia da quando giovanissimo iniziava una carriera belcantista. Ho avuto modo di ascoltarlo man mano che, gestendo sagacemente la propria voce, prendeva ruoli da “tenore assoluto” (ad esempio, nel Werther di Massenet al Regio di Parma). Ebbi anche diversi anni fa la ventura di essere invitato dal direttore d’orchestra Michele Mariotti a sedere al tavolo del ristorante Donatello di Bologna (a pochi passi dal Teatro Comunale dove era in programma una recita diurna domenicale di Idomeneo di Mozart) con lui e sua moglie (il soprano Serena Gamberoni). Ho conosciuto ed apprezzato il Meli “verdiano” nel quale il Maestro Riccardo Muti dirigeva tre o quattro opere l’anno al Teatro dell’Opera di Roma. D’altronde, Muti aveva scoperto Meli: a soli 23 anni lo aveva fatto debuttare alla Scala in un ruolo, non certo belcantisco, de Les dialogues des Carmélites di Francis Poulenc.



Il CD Prima Verdi è il primo disco monografico di Meli, che ha, nel suo catalogo, ruoli in tanti CD e DVD di opere della vasta gamma di compositori da lui affrontati: esiste anche un’edizione molto bella e corredata da saggi di livello di quell’iniziale Les dialogues des Carmélites appena citato. Il CD non è una raccolta di registrazioni già effettuate ma una incisione in studio (ormai sono una rarità) effettuata con l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino (una delle migliori in Italia) diretta da Marco Armiliato.



È, in primo luogo, una dichiarazione d’amore di Meli nei confronti di Verdi a cui è arrivato dopo una carriera di parti rossiniane e mozartiane. È, poi, una dimostrazione che Meli ormai quarantenne è in piena maturità vocale.

Il programma del CD è concepito in ordine cronologico: da I Lombardi alla Prima Crociata, opera del primo periodo verdiano in cui al tenore vengono ancora date inflessioni belcantistiche a Otello, il primo vero musikdrama italiano che i tenori affrontano di solito quasi al termine della loro carriera a ragione delle difficoltà vocali che il ruolo comporta.

Nei primi due brani (da I Lombardi alla Prima Crociata e da I due Foscari), si nota la capacità di affrontare con maestria, ora che non è più giovanissimo, una tessitura molto alta con echi belcantistici. I due brani da Macbeth e da La battaglia di Legnano rispecchiano quello che chiamerei “il Verdi dello squillo” in cui da un registro quasi di centro partono squilli a cui un tempo veniva attribuita la capacità di “far tremare il lampadario del teatro”, caratteristica ripresa nel finale dell’aria del terzo atto de Il Trovatore ed in Celeste Aida.



Dolcissimo il Quando le sera al placido da Luisa Miller ed affascinante il legato di Sento avvampar nell’anima da Simon Boccanegra, nonché dei brani da Un ballo in maschera de La forza del destino.

Non so se Meli abbia mai cantato interamente Otello dal vivo. Ha interpretato il quarto atto dell’opera nell’ottobre 2019 in un gala verdiano a Piacenza. Il Niun mi tema, ultimo brano del CD, è bellissimo.

 Il fraseggio è l’elemento decisivo della verdianità di Meli, che ha colto come il problema di questa vocalità, una volta sistemata la tecnica, consista proprio nel declamare la parola. Gli esempi offerti nel CD sono innumerevoli. Come Meli fraseggia Ah sì ben mio nell’essere oppure Ma se m’è forza perderti sono le premesse della riuscita di Niun mi tema che si realizza proprio in virtù del senso della frase, dell’accento verdiano che Meli ha maturato. Così di frase in frase l’addio di Otello prende consistenza e acquista quella dignità che il Moro deve avere nel momento in cui si dà la morte.