Francesco Moser, quell’impresa in Messico su cui nessuno avrebbe scommesso

L’Italia può orgogliosamente ostentare diverse icone e figure che hanno scritto importanti pagine di storia in ambito sportivo. Fra i tanti nomi da poter elencare, spiccano le gesta di Francesco Moser; campione indiscusso di ciclismo. In una recente intervista rilasciata per il quotidiano Libero, l’ex ciclista è partito proprio da uno dei momenti più significativi della sua carriera: Messico 1984. “Prima del tentativo messicano tutto era rivolto al passato. Io aprii le porte a una nuova realtà con le prime ruote lenticolare, il cardiofrequenzimetri, gli scarpini attaccati ai pedali…”.



A dispetto dello scetticismo del tempo, Francesco Moser riuscì nell’impresa di battere il record di 49 chilometri stabilito precedentemente da Eddy Merckx. “Fui molto criticato, lui pensava che non si potesse battere il suo record con la preparazione che feci io. Diceva che si sarebbe dovuto tentare subito dopo un duro impegno in strada; si sbagliava, ma non ho fatto ricredere soltanto lui”. Eppure, l’ex ciclista ha raccontato come il nuovo record da lui stabilito sia arrivato in una circostanza imprevista: “Doveva essere un provino, invece dopo 20 chilometri stavo andando forte e proseguii”. La storia è stata scritta e riscritta da Francesco Moser che dopo aver superato Eddy Merckx è riuscito anche ad andare oltre se stesso. “Il 19 gennaio i miei tifosi non erano ancora arrivati dall’Italia. Il 23 erano a bordo pista e, per riconoscenza, ritentai e coprii 51 chilometri e 151 metri”.



Francesco Moser, dai record ‘stracciati’ al ciclismo di oggi: “E’ un altro mondo…”

Proseguendo nell’intervista rilasciata per Libero, Francesco Moser ha raccontato come dopo l’impresa messicana sia partita la sua poderosa ascesa nel ciclismo. “La gente ripeteva: ‘Moser è vecchio, è finito’. Invece, con la preparazione del record e a 33 anni, dimostrai il contrario e vinsi la Milano-Sanremo e poi il Giro d’Italia, due corse che mi erano sempre sfuggite”. L’ex ciclista è poi stato incalzato sul concetto di generosità in pista che spesso gli è stato affibbiato con connotazione quasi negativa. “Se fossi stato più furbetto avrei vinto di più? Io ero un istintivo, ho vinto 273 gare e non sopportavo gli attendisti; quelli che stavano a ruota e facevano lo scattino finale per fot*erti”.



Avviandosi verso il finire dell’intervista rilasciata al quotidiano, non è mancata una piccola frecciatina ad un suo ex collega. “Giuseppe Saronni? Ognuno aveva le sue caratteristiche. Ma lui è durato 5 anni al top, io 15… Ci siamo rivisti da poco, ci parliamo ma saremo sempre due binari che non s’incontrano mai”. Francesco Moser ha poi argomentato: “Quando fa battutine e allusioni vuole sminuire certe mie vittorie che in quegli anni lo hanno parecchio infastidito. Una cosa, una sola ci unirà sempre: l’Inter”. L’ex ciclista ha poi affermato: “Se mi piace il ciclismo di oggi? Ha tanti campioni: Van der Poel, Pogacar, Vingegaard che si spartiscono vari traguardi. Ma è un altro mondo rispetto al mio”.