Ospite di Serena Autieri nella nuova puntata di Dedicato, Francesco Pannofino ha raccontato alcuni dei momenti cruciali della sua carriera nel mondo del cinema. “Per fare un determinato lavoro bisogna esserci portati.– ha ammesso l’attore all’inizio della sua intervista, – Nello specifico, per fare cinema e teatro bisogna avere talento, farlo con semplicità. Nel mio caso me ne sono accorto da piccolo, quando inizi a vedere che se c’è una poesia la fanno leggere a te, una lettera e la fanno leggere a te, a chiesa fai il chirichetto e il prete fa leggere te. A forza di leggere… Poi gli spettacolini a scuola… Chi ha talento, prima o poi, esce secondo me, con studio, preparazione e fortuna!” Lui, d’altronde, di talento ne ha tanto, sia come attore che come doppiatore, eppure agli esordi ha incontrato la perplessità dei suoi genitori.
Francesco Pannofino “Testimone involontario del rapimento di Moro”
“I miei genitori erano perplessi, – ha ammesso Francesco Pannofino – però quel periodo era caratterizzato dall’avvento delle Tv private e quindi c’era spazio per chi aveva voglia e talento. Quindi hanno visto che dopo un po’ guadagnavo più di mio padre… Lui non era molto espansivo con le parole, ci ha insegnato il rigore, l’onestà.” ha dichiarato. L’attore ha poi ricordato di quando fu testimone involontario del rapimento di Aldo Moro: “Non vidi proprio la scena ma ero lì. Ricordo che comprai il giornale in edicola, poi sentii questa sterzata… Lì per lì sembra quasi un film, non ti rendi conto. Fu un evento clamoroso. Poi ho appronfondito la vicenda che oggi è ancora molto complessa. Per me la verità vera non uscirà mai.”, ha poi concluso sul tema.