«Io non so cosa sia successo, non lo sapevo allora e non lo so ora». Così Francesco Rocca a Franca Leosini nella nuova puntata di Storie Maledette che è dedicata all’omicidio di sua moglie Dina Dore. «Furono gli inquirenti a far scattare il piano anti-sequestri, non io. Io sono stato più che collaborativo fin dall’inizio», ha aggiunto l’uomo, condannato all’ergastolo per aver ordinato il delitto. Sempre pungenti le considerazioni e riflessioni di Franca Leosini: «I banditi hanno in genere cura di tenere in vita i sequestrati, sono merce di scambio; ecco, se questi malfattori volevano sequestrare sua moglie e ottenere un riscatto da lei, perché, a suo avviso, l’avrebbero uccisa?», il suo interrogativo per presentare il caso. A Francesco Rocca invece ha detto: «In questo livido scenario, nota toccante è l’immagine della sua bimba, di soli otto mesi, che lì in garage dormiva nel suo seggiolino». Ma l’uomo ha modo anche di commentare una frase che ha fatto discutere: «Stavo bruciando una scrofa morta, s’attera borta pio a tue (Stavo bruciando una scrofa morta, la prossima volta prendo a te)». E quindi Francesco Rocca ha spiegato: «Con questa frase volevo dire “stavo bruciando una scrofa, la prossima volta prendo te per vedere quello che sto facendo”, non “brucio te”. A questa frase è stato dato il senso che l’accusa voleva dare». (agg. di Silvana Palazzo)
Francesco Rocca, il caso a Storie Maledette
Francesco Rocca è finito sul banco degli imputati per aver ordinato il delitto della moglie Dina Dore. Le autorità sono giunte al suo nome solo quattro anni dopo la tragedia e dopo aver seguito la pista del sequestro di persona finito male. Le indagini però riveleranno che in realtà la moglie del dentista è stata uccisa perchè il dentista potesse stare con Anna Guiso, all’epoca 22enne e assistente di studio di Rocca. Domani, domenica 7 giugno 2020, Storie Maledette approfondirà il caso di Francesco Rocca all’interno della sua nuova puntata. Siamo nel marzo del 2008 quando il dentista denuncia il sequestro della moglie: la donna verrà ritrovava nel bagagliaio della sua auto, chiusa nel garage di casa. Secondo le prime dichiarazioni di Rocca, è lui a notare per primo il sangue sul pavimento, nei dintorni del seggiolino in cui si trova sua figlia Elisabetta, di appena otto mesi. Le indagini vengono subito influenzate dalla storia della famiglia Rocca e soprattutto dal tentato rapimento avvenuto anni prima a don Tonino, il padre del dentista e per tanti anni Sindaco di Gavoi. Nel corso dei mesi, Rocca invece vivrà alla luce del sole la sua relazione con la Guiso, assunta per sostituire Dina durante la gravidanza.
Francesco Rocca e l’omicidio della moglie Dina Dore
Francesco Rocca viene inchiodato grazie ad un supertestimone: sarà questo dettaglio a permettere agli inquirenti di guardarlo come mandante della morte della moglie Dina Dore. Non si tratta tuttavia di una persona, ma di un capello o un pelo trovato sullo scotch con cui è stata tappata la bocca della vittima. Nonostante la prova genetica, tutto si blocca: non essendoci un sospettato, non è possibile fare un confronto fra i due materiali. Due anni dopo però Stefano Lai rivela alle autorità che un operaio all’epoca minorenne, tal Pierpaolo Contu, gli haconfessato di aver ucciso Dina su richiesta di Rocca, per una somma pari a 250 mila euro. Fatto il confronto con il DNA trovato sul nastro adesivo, Contu viene incastrato e portato in tribunale. Si accendono così i riflettori sulla coppia di coniugi e sulla nuova vita sentimentale costruita da Rocca e dalla sua assistente Anna Guiso. Sarà proprio quest’ultima a testimoniare contro il dentista, riferendo quanto le aveva detto tempo prima: “Io ti amo da sempre. Di lei [di Dina, ndr] non mi è mai fregato niente, meritava la fine che ha fatto”. All’epoca del processo, la Guiso e Rocca sono ormai ex amanti, ma questo non impedisce al professionista di perseguitare ancora l’ex assistente.”Per un anno la nostra storia è andata vanti”, dichiarerà ai giudici lei, “mapoi mi sentivo opprezza e ad agosto 2009 mi sono licenziata. Da allora mi ritrovavo Francesco ovunque. Mi pedinava, mi mandava sms e bigliettini minacciosi. Quando mi vedeva sputava e mi faceva il gesto del dito in gola, qualche volta mi ha minacciato con la pistola. Avevo paura che mi uccidesse”. Rocca verrà alla fine condannato come mandante del delitto della moglie in tre gradi di giudizio, mentre a Contu verranno assegnati 16 anni di carcere in via definitiva, in quanto esecutore materiale dell’omicidio.