Dopo appena tre mesi da pentito, sembra che Francesco Schiavone – un tempo boss del potente clan dei Casalesi, con il nome ‘Sandokan‘ – sia pronto ad un sonoro passo indietro, rinunciando al suo status di collaboratore di giustizia e – soprattutto – al programma di protezione testimoni. Prima di andare oltre è decisamente importante sottolineare che (almeno: per ora) non ci sarebbe nulla di ufficiale, ma solamente diverse indiscrezioni raccolte a vario titolo dal Corriere della Sera e dal Domani, senza nessuna reale conferma da parte della Procura di Napoli che sul caso di Francesco ‘Sandokan’ Schiavone ha mantenuto un costante riserbo negli ultimi 90 giorni e non sembra disposto a rilasciare alcun tipo di dichiarazione.



Una certezza processuale potrà arrivare solamente al termine dei sei mesi indicati dalla Legge come periodo in cui un presunto pentito della mafia può (e deve) raccontare tutto quello che sa alla Procura per essere definitivamente inserito nel programma di protezione e per diventare a tutti gli effetti un pentito e un collaboratore; l’alternativa – ed è su questa strada che sembra procedere Francesco ‘Sandokan’ Schiavone – è la completa esclusione del programma e il ritorno alla pena detentiva: nel caso dell’ex boss casalese si tratterebbe di un ergastolo nel criticato regime del ‘41bis, ovvero il carcere duro.



Francesco ‘Sandokan’ Schiavone verso la revoca della protezione testimoni?

Insomma, sembra che Francesco ‘Sandokan’ Schiavone non stia riuscendo a convincere a pieno gli inquirenti e dopo mesi e mesi di interrogatori serrati non è ancora stata depositata neppure una sua parola negli atti ufficiali dei processi che lo vedrebbero come teste: da un lato il processo a Santa Maria Capua Vetere a carico di alcuni imprenditori imputati per alcune commesse ferroviarie truccate; dall’altro il processo gemello che si tiene a Napoli. Di fatto Francesco ‘Sandokan’ Schiavone è ancora nell’elenco dei testimoni, ma d’altro canto le sue dichiarazioni sono ancora avvolte dall’ombra.



Le ipotesi dei media (lo ripetiamo: mai confermate dalla procura napoletana) sono principalmente due: la prima – e alla seconda ci arriveremo nelle prossime righe – è che il boss casalese pentito peccherebbe del requisito di novità, con racconti che non trovano alcuna pertinenza con l’attualità. Tornando indietro con la mente – infatti – Francesco ‘Sandokan’ Schiavone si trova in carcere ormai dal 1998 e in tutti questi lunghi anni non ha mai avuto alcun contatto con l’esterno in virtù del 41bis; pertanto l’ipotesi che non sia aggiornato degli ultimi 30 anni di sviluppi mafiosi reggerebbe.

Lo spettro della faida familiare tra Sandokan e il figlio Emanuele Libero

Dall’altra parte (e questa è la teoria mossa dalla redazione del Domani) sembra che dietro alle testimonianze inattendibili – anche rispetto a processi che si sono già chiusi e a colpe che sono state già definite – di Francesco ‘Sandokan’ Schiavone potrebbe esserci una piccola faida familiare con suo figlio Emanuele Libero. Quest’ultimo era stato scarcerata lo scorso 14 aprile, per poi tornare in manette meno di due mesi dopo (il 13 giugno): in questo periodo ci sarebbe stato un incontro con suo padre Francesco ‘Sandokan’ Schiavone nel quale gli avrebbe parlato del suo percorso di ‘redenzione’ ottenendo dal figlio una reazione durissima.

Ci porti sulla coscienza a me e tuo figlio Ivanhoe“, gli avrebbe detto, riferendosi all’ipotetica vendetta nei suoi confronti dagli ex affiliati ai Casalesi, “fai ridere tutto il mondo. Una volta che ti penti non abbiamo più nessuno. O ci uccidono o ci rimettiamo”. Un breve incontro che si è concluso con Emanuele Libero che chiede al padre di darsi un figurativo bacio in bocca attraverso lo specchio per salutarsi e con un Francesco ‘Sandokan’ Schiavone che – oltre a rifiutare la richiesta – si gira sprezzante dall’altro lato, ignorandolo.