Un secondo padre, un maestro: e ma sì, perché no, in fondo pure allenatore. Questo, e tanto altro, è stato Carletto Mazzone per Francesco Totti e non solo agli esordi di una straordinaria carriera nei primi Anni Novanta ma pure dopo che il Pupone di Porta Metronia ha appeso gli scarpini al proverbiale chiodo. E, in attesa di scoprire qualcosa di più sul loro rapporto dal documentario “Mi chiamo Francesco Totti” di Alex Infascelli, in onda in prima visione tv questa sera (ore 21.25 su Rai 1), raccontiamo quello che non è stato un semplice legame ma qualcosa di più tra due simboli della romanità e del romanismo.



Carlo Mazzone, detto Carletto, classe 1937 e conosciuto nell’ambiente anche come Sor Magara, oramai non siede più in panchina dal lontano 2006, quando aveva chiuso una quasi quarantennale carriera come allenatore ma ancora oggi è una personalità molto ascoltata: e quando si parla del suo allievo più illustre, Francesco Totti, è inevitabile che il sorriso gli si riaccenda sul volto e si apra magicamente il libro dei ricordi. “Fra noi è rimasto un bel rapporto basato sulla stima reciproca: lui è sempre stato un ragazzo ricco di umanità e sensibilità: quando ho compiuto 80 anni mi ha inviato un regalo e la sua maglia numero 10 con dedica” aveva raccontato tempo fa Mazzone, l’uomo a cui l’ex capitano romanista deve molto.



CARLO MAZZONE, ‘PADRE CALCISTICO’ DI FRANCESCO TOTTI: “SE PARLAVA COI GIORNALISTI LO MANDAVO…”

Infatti, dopo l’esordio assoluto in Serie A avvenuto grazie a un altro grande maestro di calcio quale è stato Vujadin Boskov (correva l’anno calcistico 1992-93), a esattamente 16 anni, toccò in seguito proprio a Carletto Mazzone dare al giovane talento della Primavera romanista la prima maglia da titolare. La data del debutto era il 15 dicembre 1993, nella Coppa Italia dell’anno successivo, mentre per la prima gara da titolare in A bisognerà attendere il febbraio 1994 ed è curioso notare come in entrambe le occasioni a ‘battezzarlo’ fu la Sampdoria. A credere fortemente in quel talento acerbo, tanto da consigliare tempo dopo alla Roma di bloccarne la cessione, fu proprio Mazzone che non solo centellinò le presenze del futuro capitano, nonostante le pressioni di molti, ma si interessò anche di tutelarlo nel privato arrivando persino a controllarlo in modo quasi paterno.



Ma cosa ricorda Mazzone di quel periodo? “La società voleva mandarlo in prestito alla Sampdoria, è vero: io ero già andato via da Roma ma convinsi il presidente Franco Sensi a lasciare Francesco lì dov’era…” ha più volte raccontato Mazzone, aggiungendo che negli allenamenti ‘il bimbo de oro’ mostrava doti fuori dal comune. “Mi chiedevo come facesse: poi però ripeteva certe giocate e allora mi convincevo che non poteva essere solo un caso… Lui era un ragazzo nato per giocare al calcio, sempre rispettoso e molto concentrato: ma quello che mi impressionava di più era la forza mentale dato che è sempre stato più maturo della sua giovane età” prosegue Mazzone che poi tira spesso fuori una delle sue perle per spiegare come tutelasse quel baby campione che certo non disprezzava le telecamere. Come quando, dopo averlo intravisto rilasciare delle interviste a dei giornalisti, gli disse: “Ah regazzì, vatte a fa na doccia che a questi qui ce penso io…”.