Il Coronavirus è ormai alle corde, serve il colpo del “ko” definitivo per metterlo al tappeto e sconfiggerlo una volta per tutte. A sottolinearlo è Francesco Vaia, direttore dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, in un’intervista che andrà prossimamente in onda sul canale Sky ‘Doctor’s Life’ , il primo canale televisivo di informazione medico-scientifica, edito da Adnkronos Salute. L’infettivologo ha infatti spiegato: “Oggi viviamo una buona situazione e, a mio giudizio, siamo nella fase terminale di questa battaglia“.



Secondo Vaia il colpo che manderà al tappeto il Covid-19 arriverà da armi note: “Mi riferisco alla armi che in parte abbiamo e in parte stiamo costruendo con le sperimentazioni, gli anticorpi monoclonali. Il vaccino ha dimostrato in modo chiarissima, al di là di qualche polemica strumentale, di essere un’arma micidiale. Sono troppo ottimista? No, sono razionale perché credo fermamente nella scienza e nella ricerca che deve essere sempre indipendente e lavorare senza influenze di parte”.



Francesco Vaia: “Ci ammaleremo e guariremo, non ci saranno più morti”

Il direttore dello Spallanzani di Roma Francesco Vaia ha poi rimarcato quello che potrebbe essere lo scenario futuro del Coronavirus: “Superata l’emergenza abbiamo davanti due strade: completare il ciclo vaccinale in tutto il mondo e poi, più che inseguire l’immunità di gregge, dobbiamo pensare che prima o poi il virus sarà endemico e con le terapie ne usciremo. Ovvero, ci ammaleremo e guariremo ma non morirà più nessuno come è già successo con altre malattie infettive”.

Ma come sarà possibile ammalarsi e guarire? Attraverso delle terapie note come quella con i monoclonali: “Queste terapie possono essere usate nelle prime fasi della malattia, e abbiamo già esperienza di un’efficacia oltre il 90%, ma di poter essere usati per profilassi quando abbiamo persone che rispetto al vaccino hanno non avuto una risposta anticorpale perché sono immunodepressi, trapiantati, dializzati o pazienti oncologici. A questi diamo il vaccino, anche terza dose, ma visto che la risposta come ci dicono alcuni studi può essere solo al 50%, insieme diamo anche gli anticorpi per superare la fase acuta e guarire la persona”.