Francesco Zambon ha raccontato la sua verità sul report Oms pubblicato e poi sparito in 1.532 pagine consegnate tramite una chiavetta alla procura di Bergamo. Lo rivela AdnKronos Salute, spiegando che l’ex funzionario dell’Organizzazione mondiale della sanità ha ricostruito tutto quello che è accaduto dal giorno in cui si è pensato nell’agenzia Onu per la salute di realizzare il noto report sulla prima risposta dell’Italia al Covid, fino al giorno della pubblicazione e del successivo ritiro del documento. Ogni passaggio è documentato in 182 allegati tra scambi di comunicazioni, email e documenti. Una memoria personale, dunque, che Francesco Zambon ha consegnato nei giorni scorsi ai pm che indagano su più fronti per chiarire la gestione della pandemia in una delle prime aree più duramente colpite dalla pandemia Covid in Italia. L’esperto per la prima volta ha dato tutti i documenti di cui è in possesso.
«Come persona informata dei fatti ha voluto fornire tutto il materiale disponibile, una scheda corredata di tutti i relativi allegati con la quale ha ricostruito in termini analitici, per quanto a sua conoscenza, tutto il percorso», ha dichiarato l’avvocato Vittore d’Acquarone all’AdnKronos, chiarendo che il suo assistito «non è indagato».
ZAMBON E LA MEMORIA SUL REPORT OMS
Il legale ha spiegato che Francesco Zambon nella prima deposizione alla procura di Bergamo ha risposto alle domande dei pm e commentato email e documenti che gli sono stati mostrati, resi pubblici da altri e finiti in tv e sui media. Questa circostanza però è diversa. «Zambon ha attinto alla propria documentazione dell’epoca e ha ricostruito analiticamente tutti i vari passaggi. Voleva dare prova del fatto che tutto quel che ha sempre sostenuto sin dal maggio 2020 è supportato anche da materiale corposo». Quindi, l’ex ricercatore dell’Oms ha ricostruito tutte le comunicazioni relative al rapporto per fornire un quadro completo e ristabilire alcuni punti. «Si è alluso al fatto che avrebbe pubblicato il report addirittura senza essere autorizzato, che avesse interessi personali». Il legale all’AdnKronos evidenzia che invece Francesco Zambon si è sentito costretto a dare le dimissioni, rinunciando al Tfr e allo stipendio che percepiva. Riguardo al ministro della Salute Roberto Speranza, doveva essere Ranieri Guerra a tenere i rapporti con lui. «Era pacificamente informato sul rapporto, gli era stato mandato l’indice, era linkato a tutti i meeting settimanali con i quali il gruppo si aggiornava sul livello di evoluzione del documento, era in cc nelle email. Nessuno lavorava alle sue spalle. E, visto il suo ruolo, nessuno gli chiedeva se passo passo si confrontasse col ministro, si poteva dare per acquisito».