In Francia è in atto una vera e propria campagna per mettere sotto assedio quelli che una volta venivano semplicemente definiti come i due valori non negoziabili per eccellenza: la vita e la morte.
Macron, dopo aver sostenuto con determinazione il diritto all’eutanasia, si schiera come paladino anche del diritto all’aborto. Il presidente francese ha affermato infatti, senza tanti giri di parole, di voler giungere all’iscrizione nella Costituzione del cosiddetto “diritto all’Ivg”, ovvero all’aborto. Macron, in crisi di popolarità, sembra voler andare incontro a quei settori del Parlamento, a cavallo fra maggioranza e opposizione, che si sono detti pronti ad abbracciare la causa. Una scelta dal forte sapore politico e ideologico che cerca di gettare un ponte con la sinistra radicale di Mélenchon, aumentando vistosamente la sua distanza dai moderati in genere e dalla destra in particolare.
Più volte in passato questa richiesta era stata respinta, ma recentemente l’Assemblea nazionale ha approvato in prima lettura una proposta presentata dalla sinistra radicale, sostenuta dai deputati macroniani, e dai melenchonisti, con 337 voti favorevoli, 32 contrari e 18 astenuti. Ma per ottenere questo risultato, decisamente superiore alle aspettative, è stato necessario espungere dal testo l’iniziale riferimento alla costituzionalizzazione del diritto all’aborto. La formulazione iniziale della proposta includeva anche il pieno diritto alla contraccezione, inserito allo stesso livello delle norme di rango costituzionale.
La proposta della sinistra radicale concretamente prevedeva di aggiungere, all’articolo 66, la frase seguente: “La legge garantisce l’effettività e un accesso egalitario al diritto all’interruzione volontaria di gravidanza”.
L’aborto storicamente è sempre esistito e le ragioni che inducono una donna ad abortire possono essere infinite: la povertà, la solitudine, pesanti difficoltà sul piano professionale, un tempo anche l’ostracismo di una società incapace di accogliere figli nati fuori dal matrimonio, il timore di non essere in grado di assicurare ai propri figli una vita adeguata… Mille ragioni che possono indurre una donna a pensare all’aborto; nonostante molte di queste stesse ragioni siano scomparse, altre sussistono e condizionano in modo pesante la libertà della donna.
C’è stata una corrente di pensiero legata al femminismo prima maniera per cui lo slogan “il corpo è mio e lo gestisco come voglio io” sembrava un grido di libertà, una maniera forte ed esplicita di dare testimonianza del principio di autodeterminazione. Si abortiva secoli fa e si abortisce anche oggi, per ogni donna è una sfida dolorosa a tu per tu con la propria coscienza e con la memoria che resta di quello che senza ombra di dubbio è un lutto, una perdita, forse non evitabile, ma comunque con conseguenze fisiche e psicologiche che lasciano traccia.
Niente e nessuno, in tanti anni, è riuscito a sradicare dal cuore delle donne la certezza di portare dentro di sé un figlio, il proprio figlio. E ogni aborto è una ferita profonda che nessuna propaganda può cancellare. Più si insiste sul principio di autodeterminazione della donna, sulla sua volontà, più se ne lascia emergere il senso della solitudine davanti alla responsabilità.
Se depenalizzare l’aborto è stato comprensibile nel rispetto della complessità con cui ogni donna si pone davanti alla maternità, trasformarlo in diritto è assurdo e incomprensibile. Ma volerlo porre come un diritto a livello costituzionale significa ignorare le ragioni della scienza e quelle del cuore; per non parlare delle ragioni di quel bambino che non nascerà mai, ma su cui ormai non sussiste più alcun dubbio che sia tutt’altro che un grumo di cellule.
C’è di buono che l’iter della norma è tutt’altro che fissato e il testo dovrà essere valutato dal Senato, in cui c’è una maggioranza di centrodestra. Poche settimane fa, infatti, i senatori avevano bocciato, con 172 voti contro e 139 a favore, un testo simile presentato dai Verdi. La Camera alta potrà esercitare una sorta di diritto di veto.
È comunque davvero triste che un presidente di uno Stato tradizionalmente cattolico, pur nella sua esplicita laicità, ricorra a una strumentalizzazione di questo tipo per allargare l’area del presunto consenso, dato che Macron non gode affatto della maggioranza assoluta di deputati all’Assemblea nazionale.
Il paradosso è che i valori non negoziabili sono diventati merce di scambio politico per un pugno di consensi, senza alcun riguardo per la vita umana e per la dignità della donna, espressa dalla sua stessa maternità. Ma senza alcun rispetto neppure per la Costituzione francese, usata per spericolate incursioni nel campo del diritto, in flagrante contraddizione con lo stesso diritto naturale.
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