Il centrista François Bayrou è il nuovo primo ministro della Francia. Sarà lui a cercare di costruire un governo per prendere il posto di Michel Barnier, sfiduciato dall’Assemblea nazionale. Una nomina, quella di Macron, arrivata non senza qualche forzatura, spiega Francesco De Remigis, giornalista già corrispondente da Parigi. Ora La strategia del primo ministro dovrebbe essere quella della riconciliazione nazionale, cercando di ottenere in Parlamento il consenso per varare i singoli provvedimenti del suo governo, ottenendo di volta in volta i voti necessari anche con maggioranze diverse, con l’appoggio, secondo l’occasione, di RN o di una parte dei socialisti.
Come si è arrivati a Bayrou?
Bayrou ha solo avuto l’incarico di primo ministro; bisognerà vedere chi sceglierà e quali equilibri deciderà di rispettare. Passeranno giorni prima di vedere un governo compiuto e pienamente operativo. Si spera entro Natale. Per il momento c’è un’unica certezza: lunedì ci sarà una legge speciale per fare un copia e incolla della legge di bilancio di quest’anno e traslarla all’anno prossimo. La nomina di Bayrou è nata con una forzatura nei confronti del presidente della Repubblica: ha minacciato di togliere a Macron il supporto dei suoi deputati, dei centristi, su altre operazioni. Tutto, comunque, è ancora in itinere.
Cosa cercherà di fare ora? Qual è la sua strategia?
Cercherà di mettere in campo quella riconciliazione nazionale che manca da quando c’è Macron, da quando quest’ultimo ha sgretolato i due partiti storici, prima quello socialista, poi quello neogollista dei repubblicani, che si sono ritrovati con leader provvisori, poche idee e anche confuse. Bayrou tornerà a prima di Macron, quindi a Mitterrand e Chirac. Una questione di approccio politico per cui, alla fine, nonostante le differenze, bisogna trovare una sintesi parlamentare. Il Parlamento deve essere la casa di questa riconciliazione.
Con Macron non è stato così finora?
No. Bayrou vuole ridare centralità al dibattito parlamentare, a partire da un punto: l’impegno di non ricorrere a quella forzatura per cui, secondo l’articolo 49.3 della Costituzione, un provvedimento può non passare per il dibattito parlamentare e da un voto seguito a questo dibattito. Un approccio che non è mai piaciuto a un centrista sostanzialmente democristiano come Bayrou. Questo è il punto: bisogna tornare a un confronto, anche aspro, per poi trovare una sintesi.
Le Pen come ha reagito a questa nomina?
I lepenisti sono tra coloro che hanno meno antipatie nei confronti della nomina. Il RN non ha intenzione di promuovere una mozione di sfiducia a priori nei confronti di Bayrou. Non è affatto inviso ai lepenisti, anzi, li ha difesi anche di recente. Quando nessuno voleva aiutare il Rassemblement National a raccogliere le firme per la candidatura della Le Pen, disse che tutti hanno il diritto di candidarsi e la sostenne in questa operazione. C’è un lungo elenco di scambi di cortesie con il RN. Il più duro contro di lui, invece, è stato Mélenchon. Se Macron ha raggiunto un risultato con questa nomina, è quello di aver spaccato il fronte della sinistra. L’unico partito a parlare di sfiducia a oltranza ora è France Insoumise, mentre socialisti, verdi e comunisti sono alla finestra.
Chi potrebbe sostenere Bayrou? I socialisti e il RN?
Magari una parte dei socialisti lo appoggerà con dei voti di sostegno, mentre i lepenisti voteranno i provvedimenti che ritengono di interesse nazionale: una stretta sull’immigrazione, ad esempio, anche se su questo tema Bayrou sarà più cauto rispetto alla linea che aveva promosso Barnier. Ci sono situazioni per cui si potrà vedere il RN votare a favore del futuro governo. La stessa cosa vale per una parte dei socialisti, ma siamo di fronte a geometrie variabili: si procede provvedimento per provvedimento e tema per tema. Impensabile che la sinistra voti una legge sull’immigrazione con i partiti che sostengono il governo e il RN.
Ogni tema affrontato sarà un banco di prova?
Questo sarà il percorso. La priorità resta la nuova legge di bilancio, che sarà discussa per un mese e mezzo abbondante. Dovrà essere scritta ex novo rispetto a quella di Barnier. Lì si comincerà a capire se la formula della riconciliazione nazionale andrà verso un fallimento o meno. Siamo arrivati a un punto di non ritorno per cui il sistema non tiene più e occorre fare un passo indietro.
L’orizzonte di questo governo sarebbe comunque quello di navigare a vista?
Difficile dirlo. Se i partiti non sono dei kamikaze, cercheranno di farlo durare, cercando di portare a casa da questa geometria variabile più consenso possibile ognuno sui propri temi. I socialisti, che avrebbero un’autostrada davanti per far parte di questo governo, sono molto restii perché, se si andasse al voto, gli unici a sinistra che potrebbero dire “Siamo noi la vera opposizione” sarebbero i mélenchoniani. Devono galleggiare in una situazione in cui possono prendere in considerazione alcune cose, ma non altre, sulle quali dovranno dire chiaramente che non possono sostenerle, magari arrivando anche a una sfiducia da parte del Nuovo Fronte Popolare: si è sfaldato, ma in un’occasione del genere potrebbe ricompattarsi. Bayrou ne ha viste tante, credo che sia molto più disposto a scendere a compromessi di quanto non lo fosse Barnier, che aveva aperto su alcuni temi, ma non aveva ceduto su quello che chiedevano i lepenisti per non sfiduciarlo.
(Paolo Rossetti)
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