Il paradosso francese sui migranti

La Francia da tempo è nel pieno del caos generato dall’emergenza migranti e l’esecutivo sembra essere sempre più intenzionato a ridurre l’entità del problema. Il ministro degli interni, Gérald Darmanin, avrebbe chiesto con una circolare indirizzata ai Prefetti francesi di applicare “sistematicamente” quello che viene definito Obbligo di lasciare il territorio francese (l’OQTF, in francese Obligations de quitter le territoire français), estendendolo dunque alla totalità degli stranieri senza permesso di soggiorno.



Tuttavia, in questo contesto sembra che sui migranti in Francia regni un particolare paradosso. Infatti, a quanto evidenzia il quotidiano Libération, la maggior parte di coloro che è sprovvisto del permesso, lavora comunque, spesso con turni massacranti e sottopagati, impiegato in lavori che i francesi non vogliono fare e talvolta rischiosi. Il paradosso sorge considerando che molti tra di loro sono impiegati statali a tutti gli effetti, sfruttati e non regolarizzati, che dopo anni di lavoro sul territorio francese, ora dovranno lasciarlo. Un paradosso che diventa un controsenso se si considera che l’ottenimento del permesso in Francia avviene proprio grazie al lavoro, ma a differenza dell’Italia rimane una scelta del singolo datore avviare le pratiche per regolarizzare l’immigrato, e moltissimi rifiutano categoricamente di percorrere questa strada.



La testimonianza dei migranti lavoratori per lo stato in Francia

Il quotidiano Libération, spiegato il controsenso che regola l’attuale gestione dei migranti in Francia, costretti a lasciare il territorio perché sprovvisti di permesso di soggiorno, nonostante lavorino, ha deciso di parlare con alcuni di loro, impiegati nel settore pubblico. Abdouraman è il primo di loro, lavora davanti al municipio di un comune dell’Ile-de-France, proprio sotto le finestre in cui i funzionari comunali ogni giorno lavorano. Getta il cemento per la ristrutturazione dell’edificio, ed in passato ha sempre lavorato in cantieri, il più delle volte subappaltati dallo stato.



Ed è proprio dietro a questo dito che il governo della Francia talvolta si nasconde se interpellato in merito ai migranti: rigetta le accuse, scaricandole sulla ditta del subappalto, che a sua volta trova un terzo espediente. “Ho paura dello Stato francese perché la nozione di giustizia per i lavoratori come noi è scomparsa”, racconta Yao a Libération, parlando dei turni massacranti che lui e altri tre uomini hanno fatto nei mesi passati: 24 ore di lavoro su 24 con piccole pause, talvolta ogni 12 ore, e il tutto per 1.800 euro al mese (con 450 ore di lavoro, dunque con una paga oraria di 4 euro). Denunciò l’accaduto, e gli furono offerti 10mila euro per ritirare le accuse, quando sarebbe bastato regolarizzare la sua posizione di immigrato, un controsenso nel controsenso.