“Una crisi politica senza precedenti per la Quinta Repubblica”, “un salto nell’abisso”, “un Paese sull’orlo dell’insurrezione”, inviti alle dimissioni: non mancano i superlativi per descrivere l’esplosiva situazione politica e sociale in cui si trova la Francia dopo la decisione del primo ministro Élisabeth Borne di rinunciare al voto dell’Assemblea nazionale sul progetto di legge sulle pensioni e di ricorrere all’articolo 49.3 della Costituzione per farlo approvare.
Fino all’ultimo momento Élisabeth Borne pensava di avere la maggioranza in Assemblea nazionale (Les Républicains e la maggioranza presidenziale) per far passare la legge, ma il rischio si è rivelato troppo importante e in nome dei “rischi finanziari ed economici troppo grandi”, secondo le parole di Emmanuel Macron, si è nuovamente fatto ricorso allo strumento del 49.3. Tale decisione prepara l’attenzione mediatica per l’opera teatrale che andrà in scena lunedì all’Assemblea nazionale.
Facendolo scattare, Borne mette la responsabilità del suo governo sul testo. A ciò ha fatto seguito, logicamente, la presentazione di mozioni di censura da parte dell’opposizione. Queste mozioni – presentate dal gruppo indipendente Liot guidato da Charles de Courson e dal Rassemblement National di Marine Le Pen – potrebbero, se votate, condurre al rovesciamento del governo e alla partenza di Élisabeth Borne.
In realtà questo scenario sembra improbabile secondo la maggior parte degli analisti politici. La politica è una questione di convinzioni ma anche di numeri, e aritmeticamente i conti non tornano. La mozione di censura del Rassemblement National avrà probabilmente solo i voti del Rassemblement e anche se la mozione del gruppo Liot ottenesse un punteggio maggiore, sembra comunque che le manchino ancora una ventina di voti per raggiungere i 287 necessari. Solo i Repubblicani potrebbero a questo punto fornire i voti mancanti, ma la grande incognita resta la volontà dei Repubblicani “già dissidenti del loro partito” di votare la mozione con il rapido rischio di una sanzione nelle urne dei loro elettori.
La suspense di questa crisi politica sarà sciolta lunedì pomeriggio all’Assemblea nazionale. Nel frattempo, la crisi sociale si sta consolidando e sembra portare con sé, dopo questo affondo da parte dell’esecutivo, un odio verso il governo e una violenza che dall’inizio di gennaio, quando il testo era stato presentato, era stata contenuta, ma che potrebbe adesso scatenarsi di fronte alla “negazione della democrazia” denunciata dai sindacati.
Il dialogo tra sordi tra i sindacati e la strada da una parte e l’esecutivo dall’altra, che ha scelto di far passare “una riforma di sinistra” con il solo sostegno della destra, rischia di costare caro a Emmanuel Macron, anche se la legge viene approvata contro la volontà del popolo francese e dei parlamentari.
Marine Le Pen, rimanendo sullo sfondo di questa crisi, spera di approfittare della situazione e di ottenere punti per la prossima elezione presidenziale. Ma come diceva un giornalista politico: “non basta essere silenziosi per essere competenti. Tutto sta alla fine nel progetto da presentare ai francesi, che oggi non sono convinti”.
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