La premier Borne e Macron forzano la mano per approvare la riforma che porta da 62 a 64 l’età pensionabile. E lo fanno ricorrendo all’articolo 49.3, previsto dalla Costituzione, con il quale si blinda un provvedimento per cui o c’è la sfiducia al Governo o passa in automatico. Ma ora corrono il rischio di vedere bocciare sia la nuova legge che l’Esecutivo.



Si saprà all’inizio della settimana prossima, quando le annunciate mozioni di sfiducia delle opposizioni verranno messe ai voti nell’Assemblea nazionale. Nella quale la sinistra di Mélenchon e la destra della Le Pen potrebbero unire le forze per affossare la tanto avversata riforma delle pensioni, e con essa il Governo. Macron e Borne rischiano di incassare un voto contrario: “C’è un ampio margine di possibilità in questa direzione – ci spiega Francesco De Remigis, inviato a Parigi de Il Giornale -. E a questo punto non direi che viene bocciata solo la riforma, ma il Governo di Elisabeth Borne e la scelta che ha fatto Macron a indicarla come premier”. Sì, perché dietro questa possibile bocciatura ci sarebbero errori strategici proprio della premier, che non ha saputo raccogliere consensi in Parlamento per far approvare la riforma con un voto.



Varata la riforma con questo metodo, la possibilità che ora le opposizioni si coalizzino per bocciarla sono così concrete?

Più di una possibilità concreta. Finora il gruppo dell’estrema sinistra insieme ai verdi, con l’estrema destra di Marine Le Pen, non ha mai fatto un’alleanza per creare problemi a Macron. Le Pen si è detta disponibile a votare non solo la sua mozione ma anche le altre. La sfiducia al Governo va presentata entro 24 ore dal ricorso all’articolo 49.3 per cui Macron ha dato il via libera. Le mozioni di sfiducia saranno votate lunedì o martedì al massimo. È la prima volta da quando è stata rinnovata l’Assemblea nazionale l’anno scorso che i gruppi delle due estreme potrebbero vicendevolmente sostenere queste mozioni e per questo è molto probabile che alla fine una di queste potrebbe passare. A quel punto il Governo cadrebbe e la riforma automaticamente ritirata.



Saltano sia la riforma che il Governo? In questo caso quali scenari si aprono?

Ci sono due opzioni: o Macron decide di nominare un nuovo esecutivo con un nuovo primo ministro, oppure, e questo sta al buon senso politico del presidente della Repubblica in carica, decide in ultima istanza di sciogliere l’Assemblea nazionale e tornare al voto. È un’ipotesi in campo, però comporterebbe una crisi enorme. Si è già registrato lo smacco di dover ricorrere a una forzatura dopo tre mesi di discussione in cui il Governo aveva garantito che avrebbe avuto i numeri per far passare la riforma. In quel caso si arriverebbe una sconfitta politica di portata storica, per l’Eliseo.

E la riforma è stata voluta fortemente da Macron.

Macron l’aveva congelata nel primo mandato causa Covid e altre crisi. Poi ha deciso di rimetterla nel programma per la rielezione, giudicandola necessaria, quindi a tempo di record l’ha messa in campo subito dopo la rielezione l’anno scorso, nonostante la guerra in corso in Ucraina, l’inflazione, il carovita. I francesi hanno provato a fargli capire in ogni modo che non era il momento, scendendo in piazza una o due volte a settimana dal 19 gennaio. Lui ha sempre sostenuto che avendola nel programma sarebbe stato il Parlamento a discuterla e a trovare la quadra su alcune limature, pur preservando l’età a 64 anni.

Macron non avrebbe avuto abbastanza voti dai repubblicani, è per questo che ha dovuto ricorrere alla “super-fiducia”?

Probabilmente ha avuto il sentore che alla premier stesse sfuggendo di mano la trattativa in Assemblea nazionale, con qualcuno che all’ultimo miglio si sarebbe potuto defilare nonostante le rassicurazioni. Credo che Macron tutto avrebbe voluto tranne il ricorso a questa forzatura costituzionale, perché i francesi in piazza non sono uno scherzo. Mi sembra che la premier si sia confermata una funzionaria di Stato, quasi una burocrate, più che una politica di razza. Non ha avuto l’esperienza necessaria per gestire e comprendere trattative parlamentari così complesse. L’errore più grande è stato del Governo, nel metodo.

Qual è stata la risposta della Borne?

Ha chiesto rassicurazioni sui voti in Parlamento, non ha avuto garanzie concrete sul soccorso dei neogollisti di Eric Ciotti e ha dovuto cedere ricorrendo al 49.3 per non correre il pericolo di andar sotto in aula, o di far passare la legge con uno o due voti di scarto, che sarebbe stata comunque una brutta figura dopo tre mesi di trattativa, specie per un testo che cambia radicalmente la vita dei francesi. A questo punto la premier ha deciso di utilizzare la forzatura prevista dalla Costituzione. Macron avrebbe risposto a porte chiuse: “Non sono io che rischio il posto, sono presidente della Repubblica e lo resterò, siete voi che rischiate di cadere, se poi si andrà alla dissoluzione dell’Assemblée, sono i deputati che rischiano il seggio”.

C’è stato un errore di valutazione sull’appoggio dei neogollisti?

Riporre forse troppa fiducia nell’indicazione del patron dei Repubblicani, che però è un leader dimezzato: guida il partito, molto diviso, dai tempi dell’addio di Sarkozy. Molti non erano disposti a votare il provvedimento così com’era. Senza considerare l’eterogeneità delle anime neogolliste, dove ci sono anche conservatori, populisti. Per questo la Borne non ha voluto rischiare. E forse non era neppure così certa di avere dalla sua tutta la maggioranza presidenziale. Al 49.3 hanno fatto ricorso quasi tutti i Governi, non è uno scandalo. Lo è diventato a causa sua.

Cosa si è sbagliato nel proporre la riforma?

C’è stata una grossa sottovalutazione nel non concedere qualcosa in più ad alcuni eletti neogollisti, perché ogni limatura costava 1, 2, 3 miliardi e si è deciso di andare avanti a colpi di no. Non dimentichiamo che ieri mattina il Senato aveva appena votato sì alla riforma, sembrava che dovesse andare liscia anche in Assemblée. Invece si è scelto il suicidio politico di questo Governo, con la premier che ha fatto un affronto al Parlamento, ma anche ai francesi, che infatti sono tornati ieri pomeriggio in piazza, non solo a Parigi ma anche in altre città.

I sindacati che ruolo hanno giocato?

Ieri mattina si sono presentati ancora uniti, davanti all’Assemblea nazionale, per invitare i deputati a ragionare bene sul voto, chiedendo di bocciare la riforma. È stata una mossa vincente, molto astuta, con le telecamere dei media che sono state lì a riprenderli per ore. Dopo giorni in cui le loro manifestazioni sembravano perdere smalto, è stato un bel colpo. Un recupero di un braccio di ferro che sembrava perso.

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