Si dimette Edouard Philippe e al suo posto arriva Jean Castex, l’uomo che ha riaperto la Francia dopo l’emergenza sanitaria del Covid-19. Con Philippe si è dimesso tutto il governo e Macron è al lavoro per formare la nuova squadra, che potrebbe insediarsi l’8 luglio, data del prossimo Consiglio dei ministri. Philippe se ne va a testa alta, amato dal 55% francesi, “ben più di Macron” dice Francesco De Remigis, già corrispondente da Parigi per Il Giornale. Entrambi gollisti, Castex ha un’anima più sociale di Philippe, è più bipartisan del predecessore ed è stato scelto dal presidente per la sua grande capacità di ascoltare la gente. L’uomo ideale, almeno sulla carta, per guidare il governo senza sottrarre a Macron lo spazio di cui ha bisogno per il suo progetto. Quello di “occupare un doppio spazio politico”, spiega De Remigis, in vista delle presidenziali del 2022.
Chi è Jean Castex o piuttosto chi sarà?
È anzitutto un politico molto diverso dal dimissionato Philippe. Si conoscono, provengono dalla stessa famiglia politica gollista, anche se Castex incarna l’anima sociale dell’ex Ump mentre Philippe quella più centrista alla Juppé. Come sindaco è stato riconfermato al primo turno, terzo mandato, quindi che sia amato a livello locale è acclarato. Soprattutto è un enarca anomalo.
Che cosa intendi?
Non è un politico-burocrate, ma l’esatto contrario. Un uomo che ha sempre piegato la burocrazia ai bisogni quotidiani dei cittadini. Uno che quando fu chiamato da Sarkozy a fare il vicesegretario generale dell’Eliseo disse che bisognava “amare le persone”.
Sarà più un vero capo di governo o più un esecutore di Macron?
Tutti i premier francesi eseguono gli ordini dell’Eliseo. E in questa fase Macron lo pretenderà ancora di più. Ma Castex ha mostrato di saper ascoltare le persone. Questo è ciò che interessa di più a Macron, che conta ormai su una classe dirigente scarsissima dentro En Marche, praticamente disastrata sul piano locale.
E in questa situazione Macron che cos’ha fatto?
Per riprendere le riforme sospese, ha scelto la continuità politica. Ma ha assecondato una vecchia regola della storia anziché i sondaggi, ultra-positivi per Philippe tanto che ieri se n’è andato tra gli applausi. Quasi mai infatti si vede l’uomo che ha gestito la crisi – anche bene, nel caso di Philippe – guidare anche la ripartenza. Economica e sociale. E così è andata.
Con il cambio di governo dobbiamo aspettarci anche un cambio di linea politica?
Di casacche, forse. Ma l’ingranaggio mi pare innestato in linea generale. Cambierà qualcosa in politica estera ed economica, penso ai rapporti con la Cina e alle rilocalizzazioni della produzione. Probabilmente anche sul fronte della sicurezza interna.
Vedi ricambi in vista?
La prossima testa a saltare potrebbe essere quella del ministro dell’Interno Cristophe Castaner, fedelissimo di Macron ma in rotta di collisione con buona parte dei sindacati di polizia per alcune uscite. Penso alla tolleranza zero al contrario, per così dire. Cioè applicata alle divise anche solo sospettate di atti di razzismo o violenza per cui ha annunciato sanzioni.
Perché Castex, un uomo di centrodestra, e non una donna come Macron voleva all’inizio, non un socialista o un verde dopo il successo delle elezioni comunali?
Castex, di fatto, faceva già parte del governo. Da almeno tre mesi. Nominato come una sorta di commissario al deconfinamento, cioè l’uomo che dietro le quinte ha coordinato tutte le decisioni sulle riaperture subito dopo la crisi dei contagi, in collaborazione proprio con Philippe. Si è mostrato rispettoso dei ruoli, e questo per Macron è fondamentale. Davanti ci sono due anni di governo e di campagna elettorale per la rielezione. Una donna o un ecologista avrebbe potuto oscurare la figura presidenziale o il suo nuovo progetto. Figuriamoci un Philippe amato dal 55% francesi ben più di Macron.
Allora qual è il progetto di Emmanuel Macron dietro questa nomina?
Philippe durante il passaggio di consegne ha detto che lascia le chiavi di Matignon a uno “spirito aperto e mano ferma”. Ecco, diciamo che in questa fase Macron ha sentito il bisogno di un politico anche bipartisan; e Castex in qualche misura lo è più di Philippe. Che sappia anche prendere decisioni difficili e affrontare le critiche in modo deciso. La riforma delle pensioni dovrà essere ripresa, tanto per citarne una. Ma mi pare che l’idea presidenziale sia quella, legittima, di raccontare un nuovo sogno.
Quale?
Nel 2017 l’idea–slogan di En Marche era “né di destra, né di sinistra”. Da oggi l’Eliseo lavora a un progetto più ampio, “sia di destra, sia di sinistra”. E verde. Entro mercoledì il rimpasto cambierà ministri e sottosegretari. Certamente entreranno nuovi volti o vecchi ecologisti. Intanto Macron ha imposto il capo di gabinetto di Castex, un uomo di sinistra con cui Macron aveva lavorato con Hollande all’Eliseo. Di fatto, un cane da guardia. Certo poi non poteva predicare il Green New Deal con Philippe a capo del governo, visto che prima di accomodarsi a Matignon l’ex premier ha lavorato come lobbista per il gruppo Areva, e poi, da deputato, aveva votato contro la legge del 2015 sulla transizione energetica e quella del 2016 sulla biodiversità.
Macron vuole davvero assecondare la svolta verde della Francia, o guidarla a modo suo?
La svolta verde è ancora uno slogan. Molti economisti francesi non la pensano come Greta e forse neppure Macron. C’è in atto un processo complesso. Dipenderà molto da come l’Eliseo riuscirà a raccontarla. A parole sono tutti green. Tutti vogliono esserlo. Ma poi la Francia dice che il nucleare è ecologico, com’è successo lo scorso dicembre.
L’Europa?
Potrebbe essergli d’aiuto portando avanti istanze verdi in linea con quanto annunciato dalla presidente della commissione Von der Leyen. Un gioco di sponda rivolto al medio–lungo periodo permetterebbe a Macron di passare all’incasso del gradimento da qui a due anni facendo poco o quasi nulla.
Come?
Occupando un doppio spazio politico. Cercare voti a gauche, quelli che gli avevano dato fiducia nel 2017 e che oggi non si fidano più di Macron. Ed evitare che si formi un nuovo cartello social–ecologista che metta in campo un candidato forte in grado di sfidare lui stesso e Le Pen.
C’è già un nome?
Quello dell’ex ministra socialista dell’Ambiente Ségolène Royal, che si è detta disponibile ricevendo il placet di ciò che resta del Ps. Nel 2007 perse le presidenziali contro Sarkozy, ma con un panorama politico sempre più fluido, concorrenza agguerrita ed elettori meno attaccati alle etichette, per Macron potrebbe essere un’avversaria temibile. E forse l’unica in grado di strutturare politicamente un’onda verde più simile a un’allucinazione collettiva che non a un volto spendibile per il 2022.
(Marco Tedesco)