Secondo gli ultimi dati elaborati dall’Eurostat, citati dall’economista Marco Fortis sulle pagine del Sole 24 ore, la Francia ha abbondantemente superato l’Italia dal punto di vista del valore del debito pubblico. Infatti, se Roma ha accumulato 2.844 miliardi, Parigi è volata a quota 3.088 miliardi, con uno scarto di 244 miliardi di euro. Un dato, questo, che serve all’economista per ragionare sulla misura debito/Pil e su come questa finisca sempre (e solo) per intaccare l’Italia.



Il rapporto tra debito pubblico e Pil, infatti, spiega Fortis, “non dovrebbe essere preso come principale riferimento per parametrare i tassi di interesse” ma nella realtà “ciò purtroppo avviene, il che costituisce una discriminazione nei confronti del nostro Paese“. Se il rapporto debito/Pil fosse un metro di giudizio affidabile, spiega l’economista, “il Giappone (che da una vita è oltre il 200%) sarebbe già fallito; la Francia di oggi (112%) dovrebbe essere trattata dalle istituzioni europee e dai mercati con la stessa severità con cui fu trattata l’Italia nel 2011”. Inoltre, secondo Fortis, se si tenesse conto solo del rapporto tra il debito pubblico e il Pil degli USA, “quando nel 2028 saranno al 137,5%, dovrebbero essere declassati automaticamente al nostro attuale rating“. Tuttavia, l’economista di dice sicuro che “ciò non avverrà”.



Fortis: “La percezione del debito pubblico deve cambiare”

Sulla percezione internazionale del debito pubblico italiano, spiega Fortis, pesa sicuramente “la scarsa affidabilità del nostro paese”, ma questo dovrebbe funzionare come lezione per imparare due principi. Innanzitutto, “evitare rigorosamente quelle posizioni ed esternazioni antieuropeiste del nostro recente passato”, ma soprattutto “migliorare la comunicazione sulla nostra economia e sul nostro debito” che potrebbero cambiare drasticamente la percezione su quest’ultimo da parte dei mercati.



Infatti, il debito pubblico italiana, spiega ancora Fortis, “origina da un passato ormai lontano”, mentre “dal 1992 fino alla pandemia [l’Italia] ha avuto un bilancio primario pubblico positivo“, e la crescita del debito è sempre stata ascrivibile “al pagamento degli interessi” dopo la chiusura del conto annuale. Similmente, non è mai sufficientemente noto che il nostro debito “è finanziato per circa 3/4 da investitori italiani“, in misura ben superiori rispetto al debito pubblico dei ‘colossi’ economici europei. Ne seguono, dunque, tre considerazioni, ovvero che “la sostenibilità del nostro debito dipende dalla capacità dei nostri sottoscrittori nazionali”. La seconda, invece, è che “la maggior parte degli interessi viene pagata a sottoscrittori italiani, andando ad aumentare la loro ricchezza”. Infine, che “la quota di interessi che l’Italia paga all’estero non è molto superiore a quella pagano altri Paesi”, seppur a nostro svantaggio vi sia anche lo spread. La conclusione, ovvia a questo punto, è che “il debito italiano è più sostenibile di quanto venga reputato“.