L’attuale instabilità in Africa è determinata anche dalla lunga presenza coloniale francese e non può certo considerarsi una coincidenza casuale, ma semmai la conseguenza del dominio coloniale che la Francia ha perpetuato in Africa per molto tempo.

Vorremmo a questo proposito illustrare alcuni esempi. Nel marzo del 1960 il presidente della Guinea Ahmed Sékou Touré volle creare la banca della Repubblica di Guinea e quindi una propria moneta sganciata da quella francese e cioè il franco guineano. A seguito di questa scelta politica la Francia decise di destabilizzare la Guinea e quest’operazione fu orchestrata da Jacques Foccart, da Pierre Messmer ed dal Servizio di documentazione estera e di controspionaggio (Sdce) con la connivenza attiva dei presidenti del Senegal e della Costa d’Avorio.



La Francia pose in essere una serie di operazioni armate utilizzando mercenari locali con lo scopo di sviluppare un clima di insicurezza e, se possibile, rovesciare il presidente. Il servizio segreto francese lanciò una serie di attacchi economici contro il Paese e uno di questi, che faceva parte di un’operazione molto più ampia conosciuta come “Persil”, fu particolarmente efficace poiché consistette nella produzione, per mezzo delle tipografie del servizio segreto francese, di banconote della Guinea false che furono poi riversate in massa nel Paese. Quale fu il risultato di tutto ciò? Il crollo dell’economia della Guinea. A seguito di quest’operazione le relazioni diplomatiche tra la Francia e la Guinea si ruppero nel novembre 1965, ma nello stesso tempo quest’operazione fu un preciso monito nei confronti di tutti gli altri Paesi che rientravano nel sistema economico francese.



Anche se nel 1960 il Togo ottenne l’indipendenza, tuttavia rimaneva membro della zona del franco e avrebbe continuato a utilizzare il franco francese. Lo scopo del Togo era quello di rendere la dipendenza con la Francia molto più flessibile, ma questa scelta non fu accettata. Il 13 gennaio 1963 il presidente del Togo fu ucciso a colpi di arma da fuoco davanti all’ambasciata americana da un gruppo di ex soldati del Togo. Coloro che l’uccisero si schierarono immediatamente a fianco della Francia e l’ex ministro dell’Interno del Togo Théophile Mally accusò l’ambasciatore francese, Henri Mazoyer, nonché i due ufficiali francesi che prestavano servizio nelle forze armate, di aver organizzato il colpo di Stato. Sta di fatto che nel gennaio del 1973 al posto del presidente del Togo fu posto un fedele alleato della Francia e cioè Nicolas Grunitzky, ex primo ministro della Repubblica autonoma del Congo. Il nuovo presidente all’indomani del colpo di Stato espresse immediatamente la volontà di rafforzare i legami con la Francia e nel luglio dello stesso anno furono firmati otto accordi di cooperazione con Parigi. In altri termini con il nuovo presidente qualsiasi autonomia e sovranità economica del Togo fu eliminata.



Ma certamente uno dei casi più noti è la eliminazione di Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, che voleva raggiungere la piena indipendenza del suo Paese. Venne assassinato nell’ottobre del 1987 e uno dei principali sospettati di questo omicidio fu il suo successore ed ex compagno d’armi Blaise Compaoré, che sarebbe rimasto al potere fino al 2014 e che non mise mai in discussione l’esistenza del franco Cfa, mantenendo proprio per questo legami molto stretti con la Francia.

Aldilà di queste considerazioni – squisitamente storiche – non dobbiamo dimenticare che i principali gruppi francesi- Bolloré, Somdiaa, Orange, Edf, Société Générale, Accor, BGI, Vinci, Air liquide, Rougier, etc. – godono di una posizione monopolistica grazie al franco. In altri termini la zona del franco continua ad offrire ai principali gruppi francesi mercati in cui si trovano ad essere i fornitori privilegiati e questo perché gli Stati africani non sono stati in grado e non sono stati messi in grado di industrializzare le loro economie. A titolo esemplificativo consideriamo che il continente africano rappresenta il 25% del fatturato globale del gruppo Bolloré e l’80% dei profitti globali. Inoltre i membri del consiglio di amministrazione del Consiglio degli investitori africani in Africa (in acronimo Cian) proviene proprio dalla principale multinazionale francese. Tuttavia, tra il 2000 e il 2011, la Francia ha visto la sua quota di mercato in Africa ridursi fino al 50%, mentre quella della Cina è aumentata di ben otto volte tra il 1990 e il 2011, passando dal due al 16%.

Più esattamente nel 2013 la Cina ha superato la Francia anche nella zona del franco con una quota di mercato del 17,7% contro il 17,2% della Francia. Questo calo è stati soprattutto registrato nella Costa d’Avorio, in Gabon e in Senegal. Detto questo però bisogna leggere molto bene i dati: infatti il fatturato delle imprese francesi continua ad aumentare in termini assoluti, cioè la porzione della torta diminuisce ma le dimensioni aumentano, secondo gli studiosi Fanny Pigeaud e Samba Sylla, autori del saggio L’arma segreta della Francia in Africa (Fazi 2019).

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