La vittoria di Marine Le Pen alle europee e il contemporaneo flop del partito del Presidente Macron (che ha indetto per fine mese nuove elezioni generali) sta scatenando in Francia una vera rivoluzione, anche perché ieri – per la prima volta – il leader dei repubblicani ex gollisti, Éric Ciotti, ha annunciato che il suo partito (Les Républicains) si collegherà al Rassemblement National (ex Front National), partito lepenista affidato ora al 28enne Jordan Bardella (famiglia di origine piemontese), che in caso di vittoria potrebbe diventare il nuovo Primo ministro.
Immediata la replica di una parte dei dirigenti repubblicani, che hanno “dimissionato” Ciotti schierandosi contro la sua decisione in una spaccatura verticale che inevitabilmente coinvolgerà eletti, dirigenti ed elettori.
Una situazione caotica, in Francia, che richiama un po’ quello che trent’anni fa avvenne in Italia nel novembre del ’93, quando una semplice frase di Berlusconi, interrogato circa il ballottaggio in corso a Roma per il Campidoglio tra Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, annunciò in chiave anti-sinistra il suo virtuale appoggio al leader di quello che allora era ancora l’emarginato Movimento sociale italiano. Uno “sdoganamento” che ribaltò ogni pronostico e aprì la strada a un terremoto politico, permettendo ai voti missini “congelati” di contare moltissimo nel nuovo sistema elettorale maggioritario, tanto da permettere di costruire pochi mesi dopo una nuova maggioranza parlamentare insieme alla Lega e a Forza Italia.
Vedremo chi seguirà Ciotti, ma va spiegato, prima di tutto, che il sistema elettorale francese è diverso dal nostro. All’Assemblea nazionale si vota infatti per collegi uninominali a doppio turno e non con il sistema proporzionale come per le europee. Di fatto i ballottaggi sono fondamentali per eleggere la gran parte dei deputati e contano convergenze, alleanze e desistenze.
Emarginata a destra, fino a oggi la Le Pen – che pur da anni conquistava molti voti popolari al primo turno – perdeva regolarmente al secondo nella gran parte dei collegi dove la coalizione “antifascista” prevaleva grazie a un patto di concertazione e desistenza che finiva per privilegiare sempre e comunque l’eventuale candidato opposto a quello della destra.
Con un suo partito ben oltre il 30% e la presumibile presenza di molti candidati dei Républicains ai ballottaggi, l’endorsement che potrebbe venire almeno in parte dai gollisti sarebbe di grande importanza, perché virtualmente permetterebbe l’elezione di molti candidati di centro-destra al secondo turno.
È una crepa profonda, che spacca per la prima volta il fronte avversario, con il crollo almeno virtuale di un’emarginazione pluridecennale e che spiana la strada a un possibile futuro Governo di centrodestra.
La decisione di Éric Ciotti sta scatenando polemiche a non finire dentro e fuori il partito con dimostrazioni e proteste, ma mette in aperta difficoltà sia Macron che la sinistra, visto che devono trovare anche loro il modo di costruire un analogo patto di desistenza se non vogliono perdere in buona parte dei collegi.
Contemporaneamente, però, il partito della Le Pen ha bloccato le concertazioni in atto alla sua stessa destra, assumendo in prospettiva una posizione più moderata proprio per favorire l’afflusso dei voti repubblicani e di parte della stessa sinistra.
Certamente con la sua decisione Macron domenica sera aveva spiazzato tutti. Ma la possibile intesa inedita LR-RN ha però ora rovesciato il piatto anche per lo stesso Macron, che ha subito bocciato l’accordo a destra definendolo addirittura come potenzialmente antisemita e invitando all’unità tutti gli altri partiti in chiave anti-Le Pen.
Per rinforzare la sua immagine Macron ha intanto annunciato la costruzione di otto nuove centrali nucleari e il blocco della potenziale secessione della Nuova Caledonia (dove da settimane sono in corso scontri indipendentisti) annunciando anche che non si presterà a un dibattito in tv con la Le Pen motivando la sua decisione che, come Presidente, non sarà direttamente impegnato in campagna elettorale.
Sono giorni convulsi e non mancheranno colpi di scena, ma il fatto nuovo è appunto il possibile sgretolarsi dell’emarginazione anti-Le Pen che era durata decenni ed è stata sommersa dalla massa di voti lepenisti di domenica scorsa. Voti che ora gettano un’ ombra anche sulle future elezioni presidenziali, visto che l’arma maggiore usata contro di lei era appunto il refrain del “con lei non si può”.
Se cadesse questa pregiudiziale è evidente che in Francia cambierebbe tutto, con un nuovo e inedito scenario politico tutto da interpretare.
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