Tutti contro Emmanuel Macron. Prima è stato duramente attaccato per la riforma delle pensioni, poi dopo la morte di Nahel per come è stata gestita la vicenda. Ora sono i poliziotti a prendersela con il presidente della Francia. Ci sono interi commissariati in sciopero, picchetti di sindacati e velenose interviste tv. Ora è la polizia ad aprire un nuove fronte di tensione, col governo accusato di non sostenere le ragioni degli agenti. Due si trovano in carcere, in attesa che la magistratura faccia chiarezza sulle loro azioni. Dopo la rivolta delle banlieu, tanti poliziotti sono finiti sotto accusa con l’accusa di aver usato le maniere forti contro chi stava mettendo la Francia in ginocchio provocando circa un miliardo di danni, stando alle stime.
La Francia di fatto è vittima di un cortocircuito. Giovedì quattro poliziotti della Bac di Marsiglia erano stati incriminati per violenza aggravata commessa in gruppo, con l’uso o la minaccia di un’arma e da titolari di pubblici poteri nell’esercizio delle funzioni. Tre sono stati rilasciati sotto controllo giudiziario, col divieto di esercitare, mentre il quarto è finito nel penitenziario di Aix-Luynes. Questa decisione ha innalzato le tensioni tra divise e toghe, col governo e Macron in impasse.
PROTESTA POLIZIOTTI, MACRON NON PRENDE POSIZIONE
“È l’ultima goccia, i criminali vengono lasciati fuori, ma appena viene coinvolto un poliziotto viene preso in custodia“, tuona Linda Kebbab, del sindacato Unit-Sgp. Una delle tante voci della protesta. I poliziotti denunciano, infatti, un doppio standard. I criminali fuori, gli agenti in carcere. Due nel giro di un mese. Ora per protesta sempre più poliziotti si mettono in malattia, col sospetto che i medici stiano firmando i certificati per solidarietà. Macron resta vago, inneggiando all’ordine, spiegando che nessuno “è al di sopra della legge” e ricordando la “deontologia professionale“. La premier Elisabeth Borne è altrettanto ondivaga: da un lato auspica che “la giustizia possa svolgere serenamente il lavoro“, dall’altro ringrazia gli agenti, “bisogna rendergli omaggio“, offrendo un generico “sostegno“.
Ma non c’è nessuna presa di posizione in merito alle richieste dei poliziotti. Ad esempio, rivendicano l’introduzione di uno statuto particolare per i poliziotti in servizio: niente carcere fino al termine delle indagini e presunzione di legittima difesa. La sinistra attacca, quindi, questa ambiguità di Macron e Borne, mentre i magistrati denunciano attacchi all’indipendenza, perché si fanno “due pesi e due misure“. Mentre Fabien Vanhemelryck di Alliance Police chiede segnali a Macron e al governo, il ministro dell’Interno Darmanin resta in silenzio.
MACRON E IL GOVERNO STRETTI IN UNA MORSA
A far più rumore le parole di Frédéric Veaux, direttore generale della Polizia nazionale, secondo cui gli agenti di polizia non dovrebbero essere sottoposti a custodia cautelare. L’intervista a Le Parisien non era stata concordata con l’ufficio di Darmanin, che l’ha scoperta in diretta insieme a Macron. Ora il governo è stretto in una morsa. Lo osserva Jean-Michel Schlosser, ricercatore di sociologia ed ex ufficiale di polizia: “È obbligato a sostenere le sue forze di polizia, ma allo stesso tempo c’è una linea macroniana, quindi non può opporsi al Presidente“, riporta France 24. In effetti, la ribellione della polizia ribolle soprattutto a Marsiglia. “Ci sono i Mondiali di rugby e le Olimpiadi alle porte, e Gérald Darmanin dovrà fare affidamento sulle forze dell’ordine, che appaiono più che mai dei baluardi“, sottolinea Schlosser. La strada da percorrere è piena di insidie per Darmanin, visto che deve fare i conti anche con l’aumento della criminalità.