LO SHYLOCK DI BRANCIAROLI: EBREO, CONVERTITO E SALVATO

A 75 anni e un’onorata carriera alle spalle ancora splendidamente attiva, Franco Branciaroli ha aperto il Festival di Shakespeare al Teatro Romano di Verona con la sua versione del “Mercante di Venezia” in cui interpreta magistralmente il mercante ebreo Shylock, convertito poi al Cristianesimo all’apice dell’opera. In una lunga intervista all’Avvenire Branciaroli si dice soddisfatto ed emozionato per gli applausi giunti dopo la “prima” veronese: «Shylock, un personaggio ondivago, che ci terrorizza e ci fa sorridere, che mentre sta piangendo per la figlia che è fuggita con un cristiano rubandogli soldi e gioielli, intanto gioisce augurando la morte al nemico».



L’ambiguità fortemente voluta da Shakespeare nell’opera “Mercante di Venezia” viene colta appieno dalla versione di Branciaroli, che sottolinea tutta l’arguzia del genio commediografo inglese: citando il critico letterario ebreo americano Harold Bloom, «mi ferisce che l’autore che amo di più aveva fatto accettare a Shylock di diventare cristiano, alla fine, pur di salvare la vita e i soldi ed evitare la condanna del tribunale per avere attentato alla vita di Antonio. Questo per un ebreo è la cosa più oscena, una cosa gravissima per la sua religione».



FRANCO BRANCIAROLI: “IL MONDO NON È PIÙ RELIGIOSO MA GESÙ HA COMUNQUE STRAVINTO”

Nella versione di Franco Branciaroli viene importata una aggiunta finale “simbolica” che possa in qualche modo essere una sorta di risarcimento all’ebraismo, con una spiegazione data però dall’attore che ribadisce l’assoluta complessità dell’opera shakespeariana: «Bloom ci dice che Antonio è un grande cristiano: non presta a interesse, fa proselitismo e missione cristiana, alla fine è magnanimo. È vero, chiede a Shylock di diventare cristiano, ma gli salva la vita e parte del capitale. Per questo lo studioso era infastidito dal confronto con la grettezza di Shylock».



Il problema di fondo, aggiunge Branciaroli sempre all’Avvenire, è che nel mondo di oggi si conosce poco se non quasi più nulla delle religioni e della storia che trascende millenni di eventi e testimonianze: «Oggi c’è un mondo non religioso. Non sanno neanche di cosa stiamo parlando, il pubblico percepisce lo scontro soprattutto dal punto di vista finanziario. Non sanno niente dell’ebraismo, ed anche la grandiosità del cristianesimo non la conosce più nessuno, anche perché non siamo stati capaci di comunicarla. A scuola bisognerebbe insegnare storia della religione. Perché Hegel sì e Agostino no? I padri della Chiesa contano meno di Spinoza?». In chiusura di intervista, a domanda diretta sull’esperienza cristiana incarnata in tutta la vita personale e privata di Franco Branciaroli, la risposta più sorprendente arriva proprio sul significato profondo che l’incontro con Cristo ha generato in lui: «Il cristiano si distingue da questo: crede nell’incarnazione del Dio e nella resurrezione della carne, ma nessuno lo dice più. Mi hanno molto cambiato i libri del teologo Sergio Quinzio che ho molto amato. Non possiamo basarci sui ragionamenti logici del cervello che ha una visione limitata a quello che conosciamo. E comunque, per quel che mi riguarda, la fede c’è, anche se tu continui a dubitarne vuol dire che c’è». Branciaroli ammette che molte volte la vita ti mette di fronte a prove molto dure, in cui dubita di potercela fare ma non sente mai la fede venire meno: «se il messaggio di Cristo è stata una invenzione, è stata una invenzione geniale. Chesterton diceva che tutto è talmente assurdo che non può essere che vero […] Tutto il mondo fa finta di non essere cristiano ma, fede a parte, strutturalmente ed eticamente il cristianesimo ha stravinto, pur se adesso si fa di tutto per combatterne la morale».