Mia Martini ha avuto modo di interpretare nel corso della sua carriera, purtroppo terminata troppo presto, diverse canzoni che sono rimaste nellas storia della musica, basti pebsare a “Almeno tu nell’universo”, “Gli uomini non cambiano” e “Minuetto“. Quest’ultima, in modo particolare, le ha permesso di ottenere complimenti importanti non solo tra i fan, ma anche tra gli addetti ai lavori (su tutti l’amica e collega Caterina Caselli) proprio perché da un brano come questo è stato evidente a tutti la sua estensione vocale.



Tra i punti di forza di “Minuetto“, scritto da Franco Califano, c’è è proprio il testo. In un primo momento a occuparsi di questo avrebbero dovuto essere Maurizio Piccoli e Bruno Lauzi,  che hanno poi desistito dall’impegno non riuscendo a trovare parole adatte per la musica a cui aveva lavorato Dario Baldan Bembo. L’interprete di “Tutto il resto” è noia” è invece riuscito appieno nell’obiettivo. E i risultati sono stati più che soddisfacenti: per ben 30 settimane è stato nella top ten dei 45 giri più venduti, olttre a permettere a Mimì di conquistare il disco d’oro e il Festivalbar.



La collaborazione tra Franco Califano e Mia Martini per “Minuetto”: un capolavoro della musica

“Minuetto” può essere certamente considerato uno dei lavori meglio riusciti da Franco Califano, convinto subito di quanto quel brano avrebbe potuto essere apprezzato dal pubblico: “Avevo appena finito di comporre “Minuetto” e sentii subito che si trattava di un pezzo del quale Mia Martini avrebbe colto perfettamente tutte le sfumature, la sua storia di amore disperato. Glielo affidai e Mia vinse il Festival d’Europa e il Festivalbar. In qualche modo “Minuetto” segnò il suo grande successo, la nascita di un’interprete impareggiabile, che osservava il mondo e gli uomini con una straordinaria sensibilità. Non ci legava una frequentazione assidua, anzi sono poche le occasioni nelle quali io e Mia ci siamo ritrovati vicini a parlare di musica, di quella musica che per lei era in qualche modo uno strumento di liberazione, un modo per dimenticare”.



Secondo alcuni, almeno in parte, la canzone rifletteva l’esperienza vissuta da Mimì nel suo privato, sempre alla ricerca di un amore che non ha mai trovato del tutto. La canzone racconta infatti di una donna che risulta essere schiava di una relazione, disposta anche a raccogliere le briciole pur di avere attenzione dal suo uomo, ma a cui non riesce a dire addio. La paura di cosa voglia dire stare sola prevale infatti su tutto. Nel finale, c’è, però, la svolta: la donna si rende conto della situazione e inizia a sentirsi amareggiata per il tempo perduto.