La libertà di Franco Califano è evidente nelle canzoni che ha lasciato in eredità al popolo italiano. E non solo quelle scritte per se stesso, ma anche quelle donate agli altri. “Mi piacque subito, era un uomo libero e carnale, si concedeva agli altri contravvenendo allo stereotipo di sciupafemmine“, ha detto Pino Strabioli. Il conduttore guiderà Grazie dei fiori ribelli che andrà in onda nella seconda serata di Rai 3 di oggi, giovedì 23 aprile 2020. Una puntata incentrata proprio sul Califfo, scomparso ormai sette anni fa. “In un’intervista radiofonica fece una dissertazione sulle donne un po’ da macho”, ha detto Trentalance a I Lunatici lo scorso dicembre, “rimasi stupito negativamente perché lui era una persona sensibile e intelligente e invece in quell’intervista fece delle battute da maschio da bar e allora lì mi calò un po’ la sua figura a livello di immaginario“.
La natura libertina di Califano è sempre stata un leit motiv presente sia quando era in vita sia in seguito alla sua morte. Solo Ornella Vanoni l’anno scorso ha svelato a Ora o mai più che il suo rapporto con il cantautore romano non è mai andato oltre un certo limite. “Abbiamo passato tutta la notte a scrivere il testo di questa canzone”, ha detto riguardo al brano Una ragione di più, “Tra di noi non è successo nulla, ci guardavamo e ridevamo. Abbiamo lavorato tutta la notte e basta. Proprio perché io ero la più desiderata dagli italiani e lui il più desiderato dagli italiani tra noi non è successo nulla“. Crollata quindi quell’immagine di seduttore incallito che spesso è emersa in tanti racconti. Di aneddoti sul Califfo ne sono stati rivelati tanti nel corso degli anni e forse molti altri devono ancora essere svelati.
Franco Califano, “Io so’ stato Califano prima di essere Califano”
“Io so’ stato Califano prima di essere Califano”. Una frase emblematica che ha pronunciato lo stesso Franco Califano diversi anni fa, durante un’intervista rilasciata a Candida Morvillo per Il Corriere della Sera. “Quando non ero famoso, con le donne ci davo già da tutte le parti”, ha aggiunto, “Intanto, ero bello da far rabbrividire. E poi, ci sapevo fare come pochi. Io so quanto è importante la passione, so che richiede applicazione e io, modestamente, mi applico. Se vado a letto con una donna, lascio il segno. Mi sono fatto la fama di amatore andando con donne bellissime e facendo quello che dovevo fare. A Roma si dice: ‘Fatti il nome e fregatene’ e io così ho fatto“. Nessun dubbio quindi sul proprio fascino: il cantautore era sicuro di fare tremare qualsiasi donna con un solo sguardo. E anche nell’età più adulta ha mantenuto quello charme che lo ha reso irresistibile agli occhi di molte. “Una specie di Flavio Briatore della canzone”, ha detto ancora. Un po’ spaccone, un po’ sciupafemmine, Califano ha scritto nel corso della sua carriera oltre 3 mila canzoni. E a suo dire ha amato anche altrettante donne, anche se in realtà nei suoi sogni c’è sempre stato il desiderio di trovare una donna che fosse per sempre.
La sua vita però è stata più che spericolata, come dimostrano i tre anni trascorsi in carcere. Le accuse sono state molteplici: pedofilia, sfruttamento della prostituzione, spaccio internazionale di droga, associazione a delinquere. Da quasi tutte è stato assolto e il cantante non ha mai avuto dubbi sul fatto che abbia pagato lo scotto di avere un volto dal colpevole. “A me non m’hanno mai trovato niente”, ha detto, “e so’ venuti a perquisirmi mille volte”. Un po’ ingenuo per le amicizie forse, ma Califano ad un certo punto si è stancato di giustificarsi. Soprattutto perchè le condanne sono sempre state solo una piccola fetta del suo dolore: “Ho perso un fratello di 40 anni per un tumore e lo stesso mese se n’è andato suo figlio: aveva 22 anni e la leucemia”, ha raccontato. L’infanzia poi non è andata meglio: “Eravamo poveri, ma non come i poveri di oggi con la parabola sul balcone. Perciò i miei mi mandarono in istituto”. E lui in quegli anni, di certo non sognava di sfondare nel mondo della musica. “Pensavo ai miei genitori che mi mancavano”, ha concluso, “mica sognavo”.