Franco Freda verrà incastrato per l’attentato di Piazza Fontana del ’69 grazie all’azione eroica dell’insegnante Guido Lorenzon, ex docente di Giovanni Ventura. Entrambi verranno considerati i principali responsabili della strage e grazie alla registrazione confesseranno di far parte di una banda armata con all’attivo già diversi attentati. “La prova che è un teste retto e che quei due sono terroristi neri”, dirà il Magistrato, come riferisce Il Corriere del Veneto. L’incontro fra i tre avviene quasi 40 giorni dopo l’esplosione e per la prima volta verrà presa in carico l’ipotesi che gli anarchici, fra i primi ad essere sospettati, non c’entrino nulla con l’attacco. Freda e Ventura tra l’altro si erano conosciuti prima del ’66, anno in cui scriveranno insieme 2 mila lettere dirette ad altrettanti esponenti dell’esercito, incitandoli a prendere posizione contro il comunismo. La firma riportava Nuclei di difesa dello Stato. Anche Lorenzon ne aveva ricevuta una e anche per questo, oltre alla confessione ricevuta da Ventura tempo prima, diventerà il super testimone in grado di far chiudere il caso alle autorità. In particolare, l’editore neofascista gli aveva raccontato delle bombe messe nei treni alcuni mesi prima dell’esplosione in Banca, di cui si definiva responsabile. Eppure, nonostante le prove, sia Freda che Ventura verranno assolti a Catanzaro in Appello, per insufficienza di prove. Al tempo stesso verranno condannati per gli attentati alle ferrovie avvenuti a Milano e Padova, con una pena da scontare di 15 anni ciascuno.



Franco Freda, i continui depistaggi e…

I continui depistaggi permetteranno a Franco Freda di non ricevere la condanna per la strage di Piazza Fontana. Una pista veneta che farà luce su una ragnatela di sostegni, fitta e spessa tanto da essere invalicabile. “Un giorno Munari mi disse che Freda era stato intercettato dalla Procura di Padova. Munari andato a Padova ed è tornato con un fascicolo accompagnato da lettere che dicevano che le intercettazioni avevano dato esito negativo”, dirà il giudice istruttore Giancarlo Stiz, che continuerà il lavoro svolto dal predecessore, l’ex sostituto procuratore di treviso Pietro Calogero. Le intercettazioni su Freda tuttavia c’erano e grazie alla successiva trascrizione emergeranno diversi particolari contro l’imputato, dalle riunioni avvenute nell’aprile del ’69 fino ai timer acquistati per mettere in atto i piani dinamitardi, ricorda Il Corriere del Veneto. Oggi, giovedì 12 dicembre 2019, il docufilm Io ricordo Piazza Fontana, in onda in prima serata, farà luce sulla strage grazie al racconto dei familiari delle vittime. “Primo: Freda ha acquistato 50 timer dello stesso tipo della bomba di Milano”, dirà Calogero in tutti gli incontri, “Secondo: ha cercato le cassette metalliche che sono state usate per gli attentati del ‘69 e ha comprato almeno due valigie uguali a quelle usate a Milano alla valigeria del Duomo. Di più: è stato riconosciuto dalla commessa. Terzo: il pentito Digilio ha confessato di aver confezionato materialmente la bomba come esplosivista e artificiere della cellula padovana di Ordine Nuovo che faceva capo a Franco Freda e Giovanni Ventura”. Entrambi tuttavia verranno assolti in Appello e per questo motivo la Cassazione, nel 2005, pur riconoscendoli colpevoli non potrà condannarli.

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