Franco Oppini, cabarettista, attore, cantante e comico italiano noto soprattutto per essere stato uno dei membri de I Gatti di Vicolo Miracoli, è stato ospitato nella piazza de I Fatti Vostri, in occasione dell’apprezzato caffè con Salvo Sottile, dove ha parlato della sua celebre carriera e della relazione con Alba Parietti. Partendo proprio dai Gatti, racconta che “a parte Jerry (Calà, ndr), eravamo tutti nello stesso liceo“.
“Io e Umberto (Smaila) eravamo compagni di banco”, ricorda Franco Oppini, “ma perché ero l’unico che ci stava vicino lui, che era un po’ rotondetto”, scherza. “Nini Salerno, invece, l’abbiamo raggiunto sulla strada del liceo perché è stato bocciato”. Continuando a raccontare la sua carriera e i Gatti, ricorda che “ho lasciato il gruppo, per circa un anno e mezzo”, confessando che fu “anche per motivi sentimentali. C’era una ragazza nel gruppo, che poi è rimasta una nostra carissima amica anche dopo che se n’è andata, ed io ero tornato a fare teatro da dove venivo. Quando se ne andò lei”, continua a raccontare Franco Oppini, “mi richiamarono e ripartimmo alla grande”.
Franco Oppini: “Woody Allen? Fu un sogno”
Dopo la fama dei Gatti, per Franco Oppini e il suo gruppo venne il momento di “no stop“. Racconta che “eravamo giovanissimi, avevano 27 anni”, quando si ritrovarono a gestire una enorme fama, “ti ritrovi a non poter uscire di casa, poi le serate in tutte le parti d’Italia. Una volta”, racconta, “eravamo ospiti al tg1, venivamo da non so bene dove, e poi mi sono riguardato ed io stavo praticamente dormendo, con gli occhiali scuri”.
Ma “no stop” a Franco Oppini permise anche di conoscere la sua prima moglie, Alba Parietti. “Era amica di una che partecipava tra il pubblico ed una sere venne a cena con noi. Ci siamo conosciuti, poi siamo rimasti in contatto ed è scattata la scintilla. Ci siamo sposati ed è nato Francesco”. Passando oltre, ci tiene anche a ricordare l’incontro con Woody Allen, confessando che ancora adesso “mi sembra un sogno, è stata una cosa straordinaria. Noi eravamo 4 sgallettati che lo amavano tantissimo e scrivemmo al suo editore, non c’erano le mail e i telefonini, che volevamo fare un suo atto unico. Alla fine”, ricorda Franco Oppini, “abbiamo scritto all’agente che ci disse che potevamo farlo. Dopo anni, poi, quando abbiamo avuto successo, abbiamo ripreso quella faccenda e il nostro agente andò a New York ed organizzò tutto”.