«Se non possiamo distinguere tra androidi e umani la vita perde valore e viene privata di significato»: lo spiega oggi nell’intervista – sul “presente” degli algoritmi al Manifesto Frank Pasquale, docente di diritto alla Brooklyn Law School e tra i massimi esperti mondiali di Intelligenza Artificiale. La rivoluzione digitale non può non tener conto della responsabilità personale e dell’essenza stessa di chi è artefice e prodotto finale della tecnologica: l’uomo. Con l’occasione del suo ultimo libro “New laws of robotics: defending human expertise in the age of AI”, il Manifesto è riuscito a strappargli una bella chiacchierata sul futuro e il presente della rivoluzione digitale: «Sostituire un essere umano con un dispositivo meccanico, come fa notare Walter Benjamin a proposito della riproduzione meccanica, priva dell’aura l’espressione artistica, ma anche le persone. Se non possiamo distinguere tra androidi e umani la vita perde valore, perché gli androidi non ne hanno. Contraffare la comunicazione, l’affetto, l’espressione emotiva e l’azione le priva di significato in assoluto», spiega Pasquale.



L’ALGORITMO, I ROBOT E LA PERSONA

Le relazioni e la tecnologia possono collaborare solo con una regolazione sensata e ragionata: per questo, secondo l’esperto, algoritmi di machine learning e intelligenza artificiale hanno bisogno di una profonda regolazione: «La maggior parte di questi strumenti sono estremamente inefficienti e abbiamo bisogno di esperti professionisti, non solo per prendere decisioni come in passato, ma anche per gestire in modo proficuo la tecnologia nel loro ambito. Invece di venire sostituiti da questi strumenti, i professionisti dovranno governarli». Sempre ai colleghi del Manifesto, l’esperto di rivoluzione digitale racconta di come vada detta la verità alle persone del nuovo Millennio: «Bisogna spiegare alle persone che la maggior parte dei loro problemi sono complessi perché ci sono molte dimensioni tutte incommensurabili tra loro e prendere una decisione implica comprendere questa pluralità». In sostanza, la creatività, l’originalità e la previsione non possono mai lasciare il campo alla “mera” intelligenza artificiale: «è sempre preferibile una tecnologia capace di potenziare le capacità umane fornendo solo un supporto per la presa di decisione». In conclusione, Frank Pasquale avverte per il prossimo futuro: «L’intelligenza artificiale non è una scienza, ma solo il preludio alla scienza, è il modo in cui si possono generare ipotesi partendo dall’analisi delle correlazioni, ma non trova le cause dei fenomeni. L’addestramento degli esperti deve servire anche per non farli soccombere al pregiudizio dell’automazione».

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