Nexo Digital porta nei nostri cinema un altro importante documento da non perdere per gli appassionati di musica, ma non solo. Si tratta di ZAPPA, il film di Alex Winter dedicato al grande musicista Frank Zappa, personaggio assolutamente originale, trasgressivo, autodidatta e rivoluzionario del panorama musicale fra la fine degli anni ’60 e i primi ’90.



Potremmo anche fermarci ed invitarvi a trovare a questo link un trailer, un po’ di informazioni e la lista delle sale cinematografiche italiane dove il film sarà in programmazione – come al solito per le produzioni circuitate da Nexo – da lunedì a mercoledì, nella fattispecie il 15, 16 e 17 novembre prossimi venturi.



Sappiate, lo dico subito, che ne vale la pena da molti punti di vista: filmico, di documentazione storico/musicale del periodo e per la ricchezza di testimonianze dal passato e del presente. Diciamo solo che il film è stato reso possibile (ed ha comportato un lunghissimo lavoro) dall’accesso al caveau privato della famiglia Zappa, ricco di una quantità inverosimile di materiale audio e video. Prima di realizzarlo, attraverso un fundraising, il regista Alex Winter si è anche occupato di salvaguardare e riversare tutti i nastri, che erano in via di deterioramento. Questi documenti inediti sono intervallati da testimonianze della moglie Gail (scomparsa nel 2015) e di vari collaboratori, musicali e non, fra cui spicca quella della percussionista classica Ruth Underwood, che riprenderò più avanti.



Chi invece voglia sapere cosa ha interessato e colpito me, può fermarsi qui qualche minuto in più. Spoiler non ce n’è, la fine della storia è nota: Frank Zappa morì per un tumore alla prostata il 4 dicembre 1993, due settimane prima di compiere 53 anni, nella sua casa di Los Angeles, circondato dalla moglie e dai quattro figli.

Dunque, negli anni ho ascoltato un po’ della musica di Frank Zappa, musica ascoltata di straforo da compositori classici e citata – talvolta a capocchia e senza conoscerne molto – da altri musicisti quando vogliono fare i fighi. Per quello che posso dire, è musica composta, arrangiata e suonata per il godimento che deriva dalla musica stessa. Certo, c’erano dentro testi irriverenti, posizioni politiche, teatralità (altra componente che emerge prepotente nel film), ma la componente fondamentale è quella che lo stesso Zappa dichiara in diversi punti del film (cito a memoria): “Io scrivo musica e mi piace sentire come è quando viene suonata. Se poi qualcun altro la vuole ascoltare, compri i miei album e venga ai concerti.”

Spirito estremamente libero, anticonformista e ultimamente anarchico, Frank Zappa si specchia completamente nella musica che scrive, che infatti è difficilmente catalogabile. Anche qui a più riprese emerge nel film l’impossibilità di affibbiare un genere alle sue composizioni: “E’ rock? Non proprio. È pop? Certo, ma non solo. È jazz, avanguardia? No, è Zappa!”. E se si pensa che tutta quella complessità, quella ricchezza di arrangiamenti e di repertorio viene da un autodidatta, che fino a 15 anni era interessato agli esplosivi e che poi si innamora perdutamente delle opere del compositore classico Edgar Varèse, beh, c’è da dire che la sua è un’esperienza davvero singolare!

Ecco: concludendo con il reiterato invito ad andare a vedere il film, dico infine che in particolare mi hanno colpito due cose (oltre alla già citata ricchezza documentaria dell’opera – ma qui davvero non spoilero e non vi dico niente, scoprite da soli). Innanzitutto la tenacia e la volontà di Zappa nel voler fare solo la musica che voleva davvero fare. Una delle componenti che emerge in maniera davvero incredibile è la quantità infinita di ore di lavoro spese, senza soluzione di continuità, per la scrittura dei pezzi, le prove estenuanti, la meticolosità (a volte anche urtante), le richieste ai musicisti di interi repertori imparati e suonati a memoria, e così via. Per dirla in una maniera che forse gli piacerebbe,  Stachanov al confronto era un lavativo.

Ma la seconda componente è quella che emerge dai vari interventi di Ruth Underwood, strepitosa percussionista laureata alla Juilliard (una delle più prestigiose scuole di musica statunitensi), la cui vita è stata letteralmente cambiata dall’incontro con Frank Zappa. Lui era un personaggio scomodo, irriverente, abbastanza anaffettivo, ma completamente dedito alla musica che inventava. E quando questo si interfacciava con altri musicisti per cui il primo interesse era lo stesso, ecco che scattava la collaborazione proficua, la stima reciproca, in certi casi una specie di devozione.

Questo ed altro ancora troverete nelle quasi due ore di proiezione, se andrete a vedere questo film. Un film e non un documentario, un racconto davvero sfaccettato ed interessante, come la personalità e l’arte di Frank Zappa.

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