MORTO FRANZ BECKENBAUER: AVEVA 78 ANNI

A volte il destino sa essere davvero crudele, o se vogliamo curioso. A distanza di pochi giorni se ne sono andati due dei soli tre uomini che nella storia abbiano vinto il Mondiale di calcio da giocatore e allenatore. Franz Beckenbauer è morto a 78 anni: recentemente il fratello Walter aveva parlato su Ard, emittente televisiva tedesca, raccontando di un pesante deterioramento delle condizioni mentali e fisiche, sottolineando come il quadro fosse tutt’altro che positivo.

Se ne va un’altra leggenda del calcio: lo fa due giorni dopo Mario Zagallo, capace di vincere il Mondiale come calciatore e poi allenatore (nel suo caso del Brasile). Beckenbauer questa doppietta l’ha ottenuta nel 1990, quando da CT ha portato al trionfo la Germania Ovest nelle Notti Magiche di Italia 1990: come capitano aveva sollevato la prima, nuova Coppa del Mondo di sempre nel 1974. In seguito anche Didier Deschamps sarebbe riuscito nell’impresa: oggi, due di questi grandi protagonisti sono in cielo.

LA GRANDEZZA DI BECKENBAUER

Di Franz Beckenbauer si potrebbe dire molto, e forse non si finirebbe più di parlare: i dati “freddi” e oggettivi ci parlano di un giocatore cresciuto nel settore giovanile del Bayern Monaco, che ha dedicato quasi tutta la carriera al club bavarese e ha fatto parte di quella mitica squadra che per tre volte consecutive ha vinto la Coppa dei Campioni. Con lui Sepp Maier, Gerd Muller, Paul Breitner e poi ancora Uli Hoeness e Hans-Georg Schwarzenbeck: tutti giocatori che, con Beckenbauer appunto capitano, avrebbero vinto la Coppa del Mondo nello stesso anno del primo trionfo europeo con il club.

La finale, quella storica contro l’Olanda all’Olympiastadion: un minuto intero senza toccare palla dal calcio d’inizio, il fallo su Johann Cruijff, il rigore e lo svantaggio, poi la rimonta e il trionfo casalingo. Eppure, nemmeno quella giornata è sufficiente per parlare di Beckenbauer: è stato un giocatore di straordinaria pulizia e concretezza. Oggi lo chiameremmo un playmaker basso, se vogliamo: abituato a giostrare davanti alla difesa dettando gli ordini con sagacia e mente in anticipo rispetto agli altri.

IL RETAGGIO DI BECKENBAUER

Poi spostato nel cuore della retroguardia tanto da essere uno dei precursori del ruolo che sarebbe poi diventato quello di libero, almeno come interpretato da chi lo avrebbe poi seguito (e stiamo parlando di Gaetano Scirea e Franco Baresi). Lo chiamavano Kaiser, Imperatore: nemmeno questo chiaramente riassume la grandezza del Beckenbauer giocatore. Poi c’è stato l’allenatore, anche se almeno nel suo caso lo si ricorda meno: eppure Franz ha ereditato una Germania Ovest reduce dal flop agli Europei e l’ha traghettata ad altre due finali del Mondiale, una persa e l’altra vinta (sempre contro l’Argentina) con in mezzo però la delusione dell’Europeo casalingo, quello in cui l’Olanda si è vendicata con lui a 14 anni di distanza.

Beckenbauer è morto oggi ma, come per tanti altri, il suo ricordo resta: impossibile dimenticare uno dei giocatori che hanno contribuito a cambiare la storia del calcio, a disegnare qualcosa di nuovo in campo, ad aggiungere un ulteriore tassello alla grande memoria collettiva di questo sport. Forse, se proprio vogliamo, il ricordo più nitido che si può avere di Frank Beckenbauer è quello che lo ritrae con il braccio al collo sul prato dell’Azteca, a Città del Messico: quella era la Partita del Secolo, Italia-Germania 4-3. Il Kaiser la perse, ma quel giorno uscì dal campo come il vero grande eroe per aver giocato a lungo con la clavicola fratturata, continuando a dispensare calcio. Quattro anni prima, ancora giovanissimo, aveva perso una finale controversa contro l’Inghilterra: per la gloria avrebbe dovuto aspettare, ma poi se la sarebbe presa tutta e anche con gli interessi. Addio, Kaiser Franz: grazie per aver dato tanto al calcio.