Gli effetti del crollo delle temperature accompagnato da gelate e neve, dopo il caldo anomalo degli ultimi mesi, si prestano a una doppia lettura. La prima faccia della medaglia segnala che il maltempo – l’European Severe Weather Database (Eswd) rileva una media di oltre 5 eventi estremi al giorno – mette a rischio verdure e ortaggi coltivati all’aperto. L’arrivo del grande freddo – sottolinea Coldiretti – colpisce le coltivazioni invernali in campo come cavoli, verze, cicorie, e broccoli.
Una brutta notizia per gli agricoltori che devono fare i conti anche con il balzo dei costi per il riscaldamento delle serre dedicati alla coltivazione di ortaggi e fiori che risente dell’impennata della bolletta. E non solo. Il brusco abbassamento della temperatura rischia di bruciare fiori e gemme di piante e alberi, con pesanti effetti sui prossimi raccolti dopo che – ricorda Coldiretti – il caldo anomalo lungo tutta la Penisola ha favorito il risveglio anticipato delle varietà più precoci di noccioli, pesche, ciliegie, albicocche, agrumi e mandorle. E questo lascia immaginare che nel 2023 il conto dei danni provocati dal maltempo potrebbe essere pesante, così come già del resto avvenuto nel 2022 quando si stima che la crescente tropicalizzazione del clima sia costata all’agricoltura più di 6 miliardi di euro.
Cia Agricoltori Italiani calcola che le perdite complessive quest’anno potrebbero anche arrivare a 10 miliardi di euro. Il fenomeno di queste settimane di inizio 2023 ha del resto già interessato almeno il 30% delle colture di stagione, radicchio, cavolo e finocchi in Veneto, carciofi nel Lazio, semine di cereali sotto smottamenti e frane in Campania.
Va detto, però, che proprio il maltempo registrato recentemente regala anche un altro lato della medaglia, ben più incoraggiante. L’abbondante caduta della neve a gennaio promette infatti di salvare l’Italia da una grave siccità, dopo un 2022 che, oltre a una flessione del 30% delle precipitazioni piovose, ha dovuto fare i conti con uno scarso potenziale idrico derivato dallo stoccaggio di neve nell’arco alpino e appenninico. La mancanza di precipitazioni nevose in questa stagione – sottolinea Coldiretti – crea difficoltà anche per l’agricoltura, secondo il vecchio adagio contadino “sotto la neve il pane”, perché insieme alla pioggia è importante per ripristinare le scorte idriche.
Vero è che l’iniezione idrica di questi giorni potrebbe non bastare. “Servono belle nevicate sulle Alpi almeno fino a marzo – ricorda il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini – per vedere gli invasi idroelettrici e i grandi laghi a livelli accettabili per irrigare i campi. Intanto, però, occorre cambiare passo rispetto alla crisi climatica. Passiamo dalle parole ai fatti, con misure e strumenti per un’agricoltura davvero più resistente agli eventi estremi”. In questo caso la buona notizia è che le coperture economiche per sostenere il processo non mancano: “Ci sono quasi 4 miliardi, di cui 2,9 dal Pnrr, per potenziare e migliorare l’efficienza del sistema idrico nazionale e fronteggiare gli effetti della crisi climatica – osserva Fini -. C’è un Governo al lavoro sulla valutazione, entro giugno, dei progetti per il piano invasi. A noi spetta anticipare le procedure lavorando sulla prevenzione e costruendo con il territorio le strategie e le soluzioni più adatte per non ricadere in continui stati d’emergenza. Allo stesso tempo, puntiamo sulla ricerca per il miglioramento genetico attraverso le tecniche di evoluzione assistita necessaria a colture più resistenti alle calamità naturali”.
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