Da un lato, stanno aumentando i rischi di instabilità economica. Dall’altro, questi possono essere mitigati o annullati da una politica economica più reattiva, incisiva e realistica. Il mercato, infatti, è stato colpito da eventi che eccedono le sue pur notevoli capacità di adattamento e che potrebbero pesare in negativo sulla ripresa nel 2022: epidemia, inflazione e riduzione delle forniture di materiali per i processi produttivi, causa di blocchi o di prezzi insostenibili. Pertanto tocca a Governo e Parlamento fornire soluzioni che non sono oggettivamente alla portata del mercato privato, cioè fuori dal cancello delle fabbriche e delle “botteghe”, perché riguardano la geopolitica, la politica di bilancio, l’azione di adeguamento delle regole Ue e l’efficienza dell’apparato burocratico nazionale e locale.
Si sta rendendo conto la politica dell’intensità delle sfide? I fatti fanno ipotizzare solo a metà. Di fronte alle richieste delle associazioni produttive di intervenire sui costi dell’energia che stanno compromettendo la continuità di molte aziende e hanno già causato una “recessione dei margini” con impatto sugli investimenti, per esempio, il Governo ha deliberato sollievi insufficienti dichiarando che aspetta nuovi dati per decidere altri interventi. Non ha voluto cogliere che l’emergenza è adesso. E così ha deciso per non fare scostamenti/modifiche del programma di bilancio stabilito per evitare complicazioni sia in sede Ue, sia interne (riallocazione dei capitoli di spesa).
Ciò crea un ritardo tra problema e soluzione che si trasforma in rischio mentre la missione della politica è ridurne la percezione per produrre la fiducia che aumenta gli investimenti e l’occupazione. Qui c’è uno spazio di necessario miglioramento della tecnica di governo. Come dovrebbe esserci nella gestione del regime delle garanzie finanziarie delle imprese: sono centinaia di migliaia le piccole imprese che potrebbero non riuscire a ripagare i prestiti d’emergenza garantiti dallo Stato entro le scadenze. Evidentemente, tali scadenze dovrebbero essere prolungate perché l’emergenza si è protratta, ma c’è attendismo. Banca d’Italia ha revisionato al ribasso le stime di crescita del Pil 2022, portandole dal 4,1% al 3,8%. Ma in realtà il potenziale di crescita mostra una forchetta tra il quasi zero e il 5% circa.
Il punto: la differenza tra caso migliore e peggiore dipenderà dalla qualità della politica. I partiti dovrebbero annotare l’aumento della loro responsabilità in una settimana in cui decideranno la conduzione politica della Repubblica.
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