Era il 25 agosto 1900 quando Friedrich Nietzsche moriva in preda ad una polmonite, solo ultima di una lunghissima sfilza di infermità, demenze e crolli psichici al termine di una vita breve ma molto intensa. Impropriamente nominato “il filosofo del nichilismo”, il tedesco che ha segnato e affascinato l’intera epopea cultura, filosofica, psicologica e sociale del Novecento “torna” a nelle cronache attuali per via di un anniversario che lo stesso Nietzsche avrebbe forse bollato come «l’eterno ritorno del nulla». Già, perché ricordare “formalmente” Nietzsche non serve a niente se non per farsi colti e preparati con chi ci sta attorno: il filosofo tedesco non si ricorda, non si “cita”, neanche si può capire fino in fondo. No, Nietzsche si può solo “vivere” per provare a capire meglio quel senso di delusione esistenziale, di inquietudine profonda che solo i grandi geni della storia hanno saputo così perfettamente rappresentare nelle proprie opere: come ha scritto in maniera impeccabile Daniel Halévy nella sua ultima biografia “Nietzsche” «solitario errante, un vagabondo del pensiero, che gira malato da una città all’altra dell’Italia». In un periodo della storia dove il mondo sembra sempre più cristallizzarsi in opposti ferocemente in contrapposizione – un’anarchia smodata anti-regole contro una semi-cosciente sottomissione al potere dominante – la libertà “folle” e non banale di Nietzsche potrebbe essere assai più di uno “spunto” di riflessione.
NIETZSCHE, TRA LIBERTÀ E NICHILISMO
Non sono pochi ad aver visto legati a doppio filo due geni dell’Ottocento come Nietzsche e Fedor Dostoevskij per importanza e capacità di “condizionare” postumi le epoche a loro succedute: l’analisi del sottosuolo e le critiche tanto al determinismo positivista quanto all’idealismo, è proprio nella dialettica della libertà che i due autori di fatto condividono. Come spiega Maria Russo nel saggio “La dialettica della libertà in Nietzsche e Dostoevskij”, «la loro critica radicale dei valori tradizionali poteva condurre a una deriva nichilista; entrambi, però, rifiutano questo esito e ne confutano la necessità». La libertà tanto per il cristiano russo quanto per l’ateo tedesco non rappresenta affatto il mero “libero arbitrio”, ma tiene dentro anche una sorta di “oltreumana” accettazione della sofferenza a tratti inutile della vita. Ancora Maria Russo spiega bene la differenza e allo stesso tempo il legame tra i due pensatori quasi coetanei: «L’oltreuomo nietzscheano ha dunque i tratti della figura del “santo peccatore” di Dostoevskij: un uomo in grado di vivere in contatto profondo con l’esperienza, il sentire e la vita, dalla vetta all’abisso».
IL GENIO “RELIGIOSO”
Intervenendo all’ultimo Meeting di Rimini, lo psichiatra Eugenio Borgna ha provato a tessere il filo che da Nietzsche arriva fino ai giorni nostri sul tema del nichilismo: intervistato in esclusiva al Sussidiario.net, Borgna spiega «Sono molte le definizioni possibili di nichilismo. Possono essere ricondotte a una comune fondazione che è l’esperienza di una vita che ha perduto ogni suo significato e ogni suo valore, ogni sua attesa e ogni sua speranza e che, immersa nel buio, non ha nulla davanti a sé se non l’immagine e la realtà della disperazione. Nelle sue radici metafisiche il nichilismo di oggi non si distingue da quello descritto e vissuto, sia pure in modi esistenziali diversi, da Dostoevskij e da Nietzsche». La morte di Dio e l’oltre uomo per decenni hanno fatto considerare il filosofo tedesco come l’antesignano della crisi culturale, umana e sociale dell’era postmoderna: ma osservare quanta tenacia vi fosse in realtà in Nietzsche e nel suo smodato desiderio di libertà porta a illuminare sull’oggi molto più di decine di appelli politicamente corretti della cultura elitaria: un pensatore, come raccontava al Sussidiario Maddalena Bertolini nel 2017, che ha perso la fiducia nel pensiero architettonico e immutabile, che è stato «deluso dalla gabbia della chiesa luterana, respinto dal moralismo umano, troppo umano dei benpensanti, ma che cerca, cerca sino alla follia un “Oltreumano”, “al di là del bene e del male”, che sia comunque un essere, libero, non certo un sovrastare». Di Nietzsche parlava così l’unica donna che lui abbia veramente amato, Lou Andreas Salomé: «Fra tutte le grandi doti di Nietzsche non ve n’era nessuna, più di quella del genio religioso, che fosse legata in modo tanto inesorabile e profondo alla totalità del suo spirito».