I fringe benefit non decollano, anche se possono trainare i consumi degli italiani: poche aziende li offrono ai propri dipendenti. Dalla ricerca di The European House – Ambrosetti per Edenred Italia emerge una fotografia in chiaroscuro. I fringe benefit incidono meno di quanto potrebbero e del welfare pubblico. La spesa di quest’ultimo nel 2021 è stata di 623 miliardi (34,9% del Pil), a sostegno del 37,6% delle entrate familiari. Invece per i fringe benefit il contributo si è fermato al 2,7%.



Una disparità su cui si può intervenire per invertire la tendenza. Qualcosa in tal senso si sta facendo con i provvedimenti governativi che hanno innalzato la soglia di detassazione. Infatti, ci sono stati i primi effetti sui consumi degli italiani. L’economia in Italia quest’anno registrerà una crescita dei consumi dello 0,8% grazie a questo strumento.



COME I FRINGE BENEFIT SPINGONO I CONSUMI

Una beffa se consideriamo che i fringe benefit sono stati utili soprattutto quando l‘inflazione ha colpito duro, picconando il reddito delle famiglie meno abbienti di oltre un terzo nel 2022 e di un altro 4% l’anno scorso. Possono aiutare le famiglie nelle voci di spesa colpite dall’aumento dei prezzi. Edenred ha portato la sua esperienza per dimostrarlo. L’anno scorso oltre il 76% dei buoni acquisto rimborsati è stato usato per prodotti alimentari (57%) e carburante (19%). I fringe benefit possono essere usati per diversi tipi di spesa (alimentari, carburante, istruzione e genitorialità).



Nel 2020 è stata data la prima “spinta”, infatti durante la pandemia Covid è stata ampliata la soglia di detassazione. Poi con il Decreto lavoro è stata introdotta la soglia differenza, così nella seconda metà del 2023 i consumi degli italiani sono cresciuti del 3,4% rispetto al 2019. Con i dl Aiuti bis e quater c’è stata una crescita dell’1,5% se si mettono in contrapposizione i semestri del 2023 e 2022.

IL NODO DELLE SOGLIE DI ESENZIONE

C’è poi una grana che spiega perché l’uso dei fringe benefit è “frenato”. Nel 2023 è stato offerto fino alla soglia massima da quasi 3 aziende su dieci (il 28%). Il sondaggio aggiunge che 4 su dieci non li hanno proprio offerti. C’è un motivo, cioè la paura degli imprenditori di creare insoddisfazione tra i lavoratori per la disparità di trattamento tra quelli che hanno figli e chi è senza. Il rischio che viene percepito è di creare diseguaglianze.

Ma la consapevolezza dell’utilità di questo strumento è comunque diffusa. Infatti, per oltre 9 aziende su dieci (il 96%) “accelerano” benessere e inclusione. La questione potrebbe essere risolta per 4 datori di lavoro su 5 inserendo le stesse soglie di esenzione. Lo pensa anche THEA: così si potrebbe incentivare in maniera più incisiva l’uso dei fringe benefit e trainare maggiormente i consumi degli italiani.