Nel secondo millennio il sogno della pace è ancora un miraggio irrealizzabile. Mai dalla fine della seconda guerra mondiale il mondo lo è stato come oggi. In Israele e Palestina, la spirale di attentati e ritorsioni prosegue senza fine. In Iraq la resistenza islamica sta facendo rivivere agli statunitensi un nuovo Vietnam. In Afghanistan i Talebani si sono riorganizzati e stanno conducendo una guerriglia sempre più minacciosa, mentre i signori della guerra locali continuano a combattersi fra loro. In tutti i Paesi arabi, dal Marocco all’Arabia Saudita all’Algeria, allo Yemen e ora anche in Turchia, gli integralisti islamici combattono contro governi ritenuti troppo moderati e filo-occidentali, usando l’arma che hanno più a disposizione: il terrore.
Ma ci sono decine di conflitti spesso sconosciuti all’opinione pubblica che si combattono nelle periferie più povere del villaggio globale, dove gli obiettivi dell’informazione non arrivano. Paesi come la Cecenia, l’Indonesia, le Filippine, il Nepal, l’India, il Kashmir, lo Sri Lanka, l’Uganda, il Burundi, il Sudan, la Somalia, la Costa d’Avorio, il Congo e molti altri, dove si combattono guerre che ormai durano da anni e che hanno provocato migliaia di morti, di profughi, mutilati, orfani e vedove. Una situazione drammatica. I motivi di queste guerre sono i più vari, da quelli etnici a quelli per così dire di lotte per l’indipendenza, a quelli di conflitti per lo più politici.
Ma è sempre grave che non si cerchi di arrivare a una soluzione dei vari problemi con l’ausilio del dialogo come fu per la liberazione dell’India condotta da quel grande personaggio che fu Gandhi. In Africa si combatte in Algeria, in Burundi, in Congo, in Costa d’Avorio, in Eritrea, in Etiopia, in Liberia, in Nigeria, in Repubblica Centrafricana, in Ruanda, in Somalia, in Sudan, in Uganda. Nelle Americhe in Messico, in Colombia e in Perù. In Asia in Afghanistan, in Cecenia, nelle Filippine, in Kashmir, in India, in Nepal, in Ossezia, in Tibet.
In Medio Oriente ci sono i conflitti del Kurdistan, dell’Iraq e della Terrasanta. In Europa situazioni di tensione sono la Macedonia, i Paesi Baschi, mentre sembra essere migliorata la situazione in Irlanda del nord, dopo i famosi Trattati di pace del venerdì santo. E vogliamo dire anche alcune cifre terribili che hanno colpito queste guerre.
Questa la situazione all’inizio del 2007, in cui erano in corso 29 guerre.
In Iraq 80000 morti dal 2003.
In Terrasanta 5000 morti dal 2000.
In Libano 1200 dal 2006.
In Turchia – Kurdistan, 40000 dal 1984.
In Afghanistan 25000 dal 2001.
In Pakistan – Waziristan 3000 dal 2004.
In Pakistan – Balucistan 450 dal 2005.
In India – Kashmir 90000 dal 1989.
Nel nordest dell’India 50000 dal 1979.
In India – Naxaliti 6000 dal 1967.
In Srilanka, 68000 dal 1983.
In Birmania – Karen 30000 dal 1988.
Nel sud della Thailandia 2000 dal 2004.
In Filippine – Mindanao 150000 dal 1971.
In Filippine Npa 40000 dal 1969.
In Cecenia 250000 dal 1994.
In Georgia – Abkhazia 28000 dal 1992.
In Georgia – Ossezia 2800 dal 1991.
In Algeria 150000 dal 1991.
In Costa d’Avorio 5000 dal 2002.
In Nigeria 11000 dal 1999.
In Ciad 50000 dal 1996.
In Sudan – Dafur 250000 dal 2003.
In Repubblica Centrafricana 2000 dal 2003.
In Somalia 500000 dal 1991.
In Uganda 20000 dal 1986.
Nella Repubblica Democratica del Congo 4.000.000 dal 1998.
In Colombia 300000 dal 1964.
Ad Haiti 1500 dal 2004.
Sono dati incredibili che abbiamo voluto evidenziare e far conoscere perché si comprenda tutta la gravità di queste guerre. Guerre che si accompagnano a molte altre situazioni nelle varie parti del mondo di notevole tensione. Cosa dire di tutto questo? Che la comunità internazionale fa ancora troppo poco per risolvere questi conflitti. Ci sono troppi interessi, come ad esempio il mercato delle armi, spesso provenienti proprio dai paesi più ricchi a quelli più poveri.
C’è l’Onu che fa veramente poco e che non interviene mai in modo sufficiente per migliorare le cose. Ci sono troppe dittature da quelle dell’integralismo islamico a quelle fasciste a quelle comuniste che non favoriscono uno sviluppo positivo. Sicuramente sensibilizzare l’opinione pubblica e far sapere cosa succede sul pianeta terra è fondamentale.
Facciamo solo un esempio di un’area che rappresenta il polmone del mondo dove in realtà non c’è una guerra ufficiale, ma solo lo sfruttamento indiscriminato delle popolazioni autoctone del Sudamerica. Gli Indios appunto. Battersi per la salvezza dell’Amazzonia, come per la soluzione di tutte le guerre è una cosa importante. Nella speranza che anche i potenti della terra capiscano che è ora veramente di costruire una civiltà in cui il sangue non venga ogni giorno versato. Perché le guerre del silenzio sono una ferita profonda di tutta l’umanità.
(Franco Vittadini)