La prossima finanziaria italiana sarà il banco di prova delle relazioni tra il Governo italiano e gli investitori. Questa è la seconda metà del titolo di un articolo che il Financial Times ha dedicato due giorni fa all’Italia; la prima, “la luna di miele è finita”, rende meglio l’idea della questione sollevata dal quotidiano inglese sulle finanze italiane.
Gli investitori, spiega l’FT, stanno osservando attentamente se Giorgia Meloni “manterrà l’impegno di una disciplina fiscale o sarà tentata da politiche fiscali espansive o altre misure non ortodosse”. Le “misure non ortodosse” si riferiscono probabilmente alla tassa sugli extra profitti delle banche cui l’articolo dedica ampio spazio.
La questione di fondo è che i target di deficit dell’Italia per i prossimi due anni sono minacciati dal rallentamento economico che coinvolge l’Europa e l’Italia. In uno scenario di rallentamento, oltre che di aumento dei tassi, il Governo italiano per rispettare gli impegni dovrebbe essere più “disciplinato” di quanto pensava; se, invece, decidesse di spingere sulla leva fiscale si otterrebbe l’effetto contrario. Spiega ai propri lettori, il quotidiano della City, che questa è la prima vera finanziaria del nuovo Governo, perché quella precedente era stata preparata dal Governo Draghi.
Ci sembra che si possa rilevare un cortocircuito nell’analisi. Le politiche fiscali e monetarie degli ultimi due anni sono state estremamente generose in tutte le principali economie globali. I deficit e i debiti pubblici sono esplosi e gli Stati Uniti, che guidano “l’Occidente”, non si sono risparmiati e ancora oggi viaggiano su livelli di deficit completamente fuori scala. L’inflazione improvvisamente comparsa negli ultimi mesi del 2021 e inizialmente bollata come “transitoria” non è affatto estranea a questi fenomeni.
Settimana scorsa, ospite di Bloomberg Tv, il capo degli investimenti di Jp Morgan, Bob Michele, è stato decisamente franco nella rilettura della storia recente: le banche centrali hanno aspettato troppo ad alzare i tassi e oggi, sempre secondo Michele, stanno facendo l’errore opposto. L’Italia ha fatto registrare un deficit/Pil del 9% nel 2021 e dell’8% nel 2022 in un contesto economico globale caratterizzato da una netta ripresa dopo l’anno orribile del 2020. La Banca centrale europea ha “coperto” questi deficit sbagliando l’analisi sull’inflazione che doveva essere transitoria e sostanzialmente legata ai colli di bottiglia nell’offerta post-pandemia. I tassi sono rimasti bassi mentre l’inflazione esplodeva al rialzo e i Governi, incluso soprattutto quello italiano, con il suo debito al 150% del Pil, spendevano il possibile e l’impossibile.
La disciplina fiscale che si invoca ora, in una fase in cui si moltiplicano i segnali di rallentamento, sembra fuori tempo massimo e avrebbe dovuto essere invocata già nella primissima parte del 2022, quando la tesi sulla “transitorietà” dell’inflazione naufragava, la domanda, compressa durante i lockdown, ripartiva e diventava evidente l’eccezionale condizione del mercato del lavoro.
Dunque l’Italia ha perso un’enorme opportunità di disciplina fiscale, dalla primavera del 2021 fino al 2022, quando l’economia globale andava bene, c’era la ripresa e l’inflazione minacciava di far arrivare quello che è poi è puntualmente arrivato: l’aumento dei tassi. Un esempio su tutti: il superbonus 110%, costosissimo, è stato però fondamentale per trainare il Pil e portare agli onori della cronaca “il miracolo italiano” del 2022.
A questo punto il Governo in carica non potrà non fare una manovra più che prudente perché i tassi sono ai massimi, il motore economico dell’Europa, la Germania, viaggia già a Pil negativi e i mercati non aspettano altro di poter “esplorare” le fragilità delle economie. Nel frattempo, stando all’analisi del Chief investment officer di Jp Morgan, Michele, le banche centrali stanno facendo il secondo errore in due anni: dopo aver aspettato troppo ad alzare, oggi stanno aspettando troppo a tagliare.
Cosa manca oggi alla “povera” Italia del 2023, stretta tra tassi alti, rallentamento, crisi energetica e tanto debito? Mancano, come minimo, i risparmi che si potevano fare nel 2022, a partire dal superbonus 110%, e che non sono stati fatti anche se le vacche erano grasse.
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