Dopo il tornado AstraZeneca, prima rilasciato, poi ritirato, poi di nuovo rilasciato, e gli stop alle vaccinazioni in tutta Europa a causa di alcuni casi di trombosi e problemi legati alla coagulazione, non sarà semplice rimettersi in carreggiata e superare i dubbi; però, è assolutamente necessario riuscirci.

Servono le rassicurazioni scientifiche da parte dell’Ema che certificano l’assenza di correlazioni tra le vittime e la somministrazione del vaccino; saranno importanti le indicazioni e gli atteggiamenti del premier e dei ministri, con la speranza che molti influencer, opinion leaders e personaggi dello spettacolo si facciano riprendere mentre viene loro inoculato AstraZeneca, ma credo che dovremmo farci aiutare anche dai tanti – ormai sono moltissimi – che hanno preso il Covid, ne hanno sofferto seriamente rischiando magari anche di morire, e poi ne sono usciti.



Tutti abbiamo parenti o amici che ci sono passati: ascoltiamoli. Gli effetti collaterali attribuiti a AstraZeneca – che comunque avvengono in percentuali davvero ridottissime rispetto ai vaccinati – sarebbero “sanguinamento della pelle o delle mucose, piccole macchie rosse, forti mal di testa, mal di stomaco, dolori improvvisi, paralisi di un lato del corpo”: in fin dei conti non sono diversi dai normali effetti collaterali di altri vaccini o medicinali da banco che prendiamo anche senza ricetta.



Allora, per chi avesse ancora dei dubbi, è venuto il momento di farsi raccontare da chi ne è stato contagiato che il Covid è peggio.

Io ce l’ho da cinquanta giorni, sono stato ricoverato dieci giorni all’ospedale con polmonite bilaterale interstiziale relata complicata da ipossiemia fortunatamente senza embolie, e posso assicurare che è infinitamente più doloroso, più pauroso, più faticoso il Covid delle piccolissime controindicazioni dei vaccini. È brutto non avere le forze neppure per alzare un braccio, è brutto essere costretti a rimanere ventiquattro ore al giorno con la mascherina dell’ossigeno perché non riesci a respirare, è brutto vedere passare con la coda dell’occhio i corpi di chi non ce l’ha fatta, è brutto e fa paura scorgere – anche solo dal di fuori – cosa avviene nelle sale di terapia intensiva: veri santuari del dolore della nostra morte e, per molti, anticamera della morte.



Sfogliate i social, le pagine di Facebook. Ci sono racconti scritti da chi ci è stato che fanno venire i brividi. C’è chi scrive e cerca di far capire cosa significa non avere più un tuo ossigeno ma solo quello della macchina, cosa vuol dire essere trapassato ovunque da aghi e tubi, come ci ci sente quando si è avvinghiati alla vita con l’anima tra i denti, grazie a medici e infermieri eroici che combattono al tuo fianco, che stanno ore ore a fare cose umanamente impossibili per cercare di salvare te o persone che, in molti casi, non lo sapranno mai.

Sono vicende che cambiano profondamente, che “ci” cambiano profondamente, che credo mi abbiano cambiato. E un cambiamento deve – assolutamente – essere questo: imparare a fidarsi delle istituzioni. Quando sei in ospedale ti fidi ciecamente di medici, infermieri e di tutto il personale. È giusto così ma è anche vero che non puoi fare altro; invece chi non ha avuto il Covid e vuole non prenderlo può, da libero, decidere di fidarsi di chi ci governa. Non è un salto al cieca. Non si tratta di dire di sì a una classe politica, o a un partito. Si tratta di semplice calcolo tra costi e benefici. Fatevelo raccontare da chi ci è passato. Ve lo dico io che ci sono passato.

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