Concludiamo con questa delicata pellicola la nostra serie di proposte estive di film capaci di costruire la pace e il bene comune, combattendo con coraggio per la verità, sostenuti dalla speranza.
Ispirato a fatti realmente accaduti nel 2014, Fuga in Normandia deve in parte il suo successo all’interpretazione straordinaria di due “grandi vecchi”, assolutamente convincenti per la loro autentica partecipazione umana alla vicenda, che finisce per commuovere lo spettatore e insieme a divertirlo per i non pochi momenti pieni di ironia. La storia di Bernie Jordan, già membro della Royal Navy britannica, e di sua moglie Irene, detta René, è infatti interpretata con toccante delicatezza da due giganti del cinema come Michael Caine e Glenda Jackson, al loro canto del cigno: l’ultranovantenne Caine dopo questo film ha deciso di ritirarsi, la Jackson ci ha lasciati il 15 giugno 2023, a 87 anni, prima che la pellicola arrivasse nelle sale. I due protagonisti ci mostrano come ci si possa amare teneramente e con profondo rispetto della libertà dell’altro, anche dopo ben 70 anni insieme. Bernie, pur essendo ancora sostanzialmente autonomo e indipendente nonostante l’età, decide infatti di condividere con la moglie il ricovero in una bella casa di riposo, necessario per lei, bisognosa di cure particolari e di un controllo medico costante.
Ma René sa che il marito desidera partecipare al settantesimo anniversario dello sbarco in Normandia insieme ai numerosi veterani invitati per l’occasione, anche se non ha fatto in tempo a prenotare il viaggio in gruppo. Così la moglie gli consente di partire da solo, senza avvertire il personale della struttura che li ospita, e si ingegna con furbizia per coprire quella che si configura come una vera e propria “fuga in Normandia“. René affronta con coraggio i suoi frequenti malesseri anche se è priva della presenza confortante del compagno di una vita, mentre il marito si avvia con decisione al traghetto che lo porterà in Francia, insieme ai reduci che vogliono commemorare i commilitoni morti in quella grandiosa e drammatica impresa.
Aiutato dal generoso veterano coetaneo Arthur, con cui condividerà l’alloggio e i ricordi dolorosi, Bernie raggiunge la spiaggia di Gold Beach, ignaro del rumore mediatico suscitato dalla sua “innocente” partenza. La casa di riposo infatti, accortasi della sua scomparsa e totalmente priva di notizie (René si guarda bene dal “denunciare” l’impavido marito), allerta la polizia che lo cerca con impegno e lo trova. E la stampa monta un caso di cui il povero anziano neppure si capacita. Al ritorno in Inghilterra troverà una folla di giornalisti ad aspettarlo (viene definito il grande fuggitivo), ma lui si dilegua abilmente per ricongiungersi all’amata René, la sola in grado di comprendere e condividere il significato del suo viaggio, che ovviamente i mass media hanno frainteso.
Il bravo regista Oliver Parker adotta uno sguardo attento e partecipe sulla guerra, sui nemici, sulla morte e sui sensi di colpa per la mancata salvezza dei propri compagni, con scene commoventi e rivelatrici del vero senso del “pellegrinaggio” doloroso e insieme pacificante del veterano della marina britannica nei luoghi di quel 6 giugno del 1944. La morte, innanzitutto, è un tema importante ben esemplificato con la panoramica dell’impressionante cimitero di Bayeux, dove riposano migliaia di caduti inglesi e dov’è sepolto il commilitone che Bernie non era riuscito a proteggere come aveva promesso. “Che spreco di giovani vite!”, non può che commentare con rimpianto, osservando le file di croci bianche che ricordano la tragedia dello sbarco. Eppure, in una scena fugace ma niente affatto trascurabile, una donna francese sconosciuta, guardando negli occhi il protagonista, sente il bisogno di ringraziarlo con profonda riconoscenza per essere stata liberata insieme con il suo popolo.
Guerra crudele dunque, ma anche guerra giusta, di vera liberazione di un Paese occupato a prezzo del sangue di soldati stranieri amici. Ma proprio a questo proposito il momento più nobile e insieme più commovente del film è l’incontro di Bernie e del suo amico con alcuni reduci tedeschi, anch’essi venuti a ricordare i loro morti. Il rispetto dei vecchi militari del Reich, malgrado il duro conflitto combattuto, è così sincero e profondo che il marinaio inglese cede il suo posto in prima fila ai veterani tedeschi per la cerimonia commemorativa che si svolgerà alla presenza delle più importanti autorità politiche, come la Regina Elisabetta e il presidente americano Obama. Che testimonianza di capacità di riconciliazione, per un mondo come il nostro dove sembra predominare tra i popoli una radicata e insuperabile inimicizia!
A fare da sfondo al film Fuga in Normandia c’è l’amore in tutta la sua grandezza, quello che oggi sembra ormai perduto, il legame di Bernie e René che si sono scelti giovanissimi e sono rimasti insieme per tutta la vita, rispettando le loro diversità e fragilità con una tenerezza dolcissima e insieme arguta. Ma è un amore che sa aprirsi anche agli altri, accogliendo e tentando di accompagnare debolezze e insicurezze dei ragazzi che stanno loro vicini; come il giovane militare traumatizzato, reduce da un teatro di guerra in cui è rimasto mutilato, che Bernie costringe a guardare se stesso con verità, o l’infermiera apparentemente scorbutica dell’ospizio, che finisce per affezionarsi profondamente a René, perché la sa ascoltare e comprendere. Nel complesso il film di Oliver Parker, senza prediche o retorica, è davvero una piccola-grande lezione di vita sulla guerra, la morte, l’amore e anche la vecchiaia, presentati con leggerezza ma con la capacità di aprire orizzonti nuovi a un mondo contemporaneo sicuramente bisognoso di grandi ideali e di autentica speranza.
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