Si è arrivati a una svolta nelle indagini sulla tragedia della funivia di Mottarone, costata la vita a quattordici persone. Durante la notte scorsa Luigi Nerini, amministratore delle Ferrovie del Mottarone, la società concessionaria dell’impianto, il caposervizio Gabriele Tadini e il direttore generale, Enrico Perocchio, dopo un interrogatorio durato fino alle quattro di notte, sono stati arrestati con le accuse di omicidio colposo plurimo e disastro colposo, a cui s’è aggiunta quella di rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni, reato aggravato dal disastro, dall’esito mortale di questi atti e dalle lesioni gravissime subite dal piccolo Eitan, sopravvissuto all’incidente.
Pare infatti che i freni della funivia, che devono entrare in funzione in caso di anomalia, siano stati manomessi con l’introduzione di uno strumento, il cosiddetto “forchettone”, che aveva lo scopo di impedire ai freni di bloccare la funivia. Disattivazione provocata volontariamente, per “aggirare l’anomalia”, come avrebbero confessato i tre denunciati.
Era già accaduto che si verificassero stranezze nel funzionamento dell’impianto. Nei mesi precedenti erano stati chiamati i tecnici per riparare la disfunzione, ma il guasto era stato riparato solo in parte. Per procedere a una verifica e a un’aggiustatura definitiva sarebbe stato necessario più tempo.
Intanto, però, le misure anti-Covid stavano per cessare, la stagione si riapriva e gli impianti, con l’arrivo dei turisti liberati dal confinamento, avrebbero potuto riprendere a funzionare. Se l’anomalia fosse continuata, come pareva, e i freni avessero bloccato frequentemente il percorso delle cabine, la stagione e gli introiti sarebbero stati a rischio. Da qui l’idea di impedire ai freni di funzionare. Così, al verificarsi dell’anomalia, la cabina ha cominciato a scendere senza freni e al primo pilone è saltata, sganciandosi. Ancora non risolto, invece, il mistero del cavo spezzato, su cui continuano le indagini.
La scelta di disattivare i freni, dunque, è stata deliberata e condivisa. Lo proverebbe anche il fatto che dopo il primo “forchettone” trovato inizialmente, gli inquirenti abbiano rinvenuto anche il secondo, sganciatosi e scagliato dall’urto più lontano. Il che chiuderebbe il cerchio, assieme ovviamente alla confessione degli indagati.
Il commento a un fatto di questo tipo è breve e purtroppo semplice. Quello che all’apparenza si presenta come un caso di incoscienza è in realtà un gesto compiuto da persone senza coscienza. In pratica all’altare del profitto si sono tragicamente sacrificate quattordici persone e un bambino dovrà vivere lesionato e orfano per il resto della sua vita. Non c’è nessuna giustificazione a un fatto del genere, né il lavoro che mancava da mesi, né il bisogno di approfittare della stagione turistica imminente.
Se l’indagine accerterà i fatti così come vengono rivelati in questi giorni, le responsabilità sono chiare e anche i pensieri di chi, come fosse staccato dalla realtà, ha fatto il gioco delle probabilità nella speranza che non accadesse nulla per mero calcolo economico. Sulla pelle di persone che, a causa di questa vergognosa sconsideratezza, non ci sono più.
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