L’emergenza in Afghanistan si fa sempre più pressante e le scene di queste ore delle masse accalcate all’aeroporto di Kabul per trovare un modo disperato di lasciare il Paese fa ben comprendere come non tutto il popolo afghano accetti di buon grado il regime islamista dei talebani e il ritiro incondizionato delle forze Nato. Mentre oggi si terrà un G7 straordinario – su richiesta del Premier Uk Boris Johnson – la vera notizia di politica estera è il “sì” del Presidente Usa Joe Biden al G20 di settembre in forma straordinaria (anticipa di fatto la riunione già prevista per il 30-31 ottobre).
La richiesta della Presidenza italiana a guida Mario Draghi ha avuto il suo piccolo ma significativo successo: non si può prendere decisioni sul futuro dell’Afghanistan, dopo il disastro del ritiro e del conseguente ritorno al potere dei talebani, senza dialogare con Cina, India e Russia ma anche con Turchia e Arabia Saudita. Serve una soluzione in tempi rapidi, specie perché le operazioni di ritiro di truppe e personale operativo sul campo a Kabul si stanno facendo sempre più complicati: Inghilterra e Spagna hanno già annunciato che difficilmente si riuscirà a rispettare l’accordo fatto con i talebani di sgomberare il campo entro e non oltre il 31 agosto 2021. E così l’Europa, a forte guida Draghi – Macron in difficoltà e non certo della rielezione, Merkel verso il pensionamento a ottobre – chiede all’America di cambiare i piani e consentire un’altra exit strategy, costi quel che costi.
OGGI IL G7 “PREPARATORIO”: I TEMI SUL TAVOLO
Joe Biden è accerchiato in patria e ora anche in politica estera: la gestione tutt’altro che positiva dello sgombero delle forze militari in Afghanistan sta pesando e non poco, il flop delle previsioni dei propri servizi segreti è davanti agli occhi di tutti. Come scrive oggi “Il Giornale” citando fondi estere, il G20 si terrà nella prima o la terza settimana di settembre, «per non sbattere con l’Assemblea generale della Nazioni Unite in programma a New York. Se in presenza a Roma o in videoconferenza è ancora oggetto di confronto, come pure l’opportunità di forzare l’agenda e inserire un punto ad hoc sull’Afghanistan invece di trattarlo semplicemente nella riunione dei capi di Stato e di governo». Il G7 di oggi servirà proprio a definire i piani e i dossier di quell’evento ancora più centrale per il futuro del Medio Oriente, e forse dell’intero corpo Nato: «Draghi, infatti, dovrà riuscire a ritagliarsi il ruolo di mediatore, trovando un punto di caduta che sia condivisibile non solo da Europa e Stati Uniti, ma anche da Cina e Russia», sottolinea ancora Adalberto Signore sul “Giornale”. In effetti occorrerà un documento che impegni tutti i 20 “big” della terra ad accordi significativi sui temi caldi del terrorismo, dell’accoglienza profughi e del rapporto con i talebani. Saranno presenti nella riunione odierna anche i capi di Onu e Nato, a significare l’importanza strategica di una decisione come quella di rinviare o meno l’uscita da Kabul delle forze occidentali: Draghi spingerà per coinvolgere Mosca, Pechino e Ankara nella decisione su ampia scala, a discapito di un Biden sempre più “isolato” e non più con quei rapporti di forza che abbiamo imparato a conoscere tra Usa ed Ue nei decenni passati. Secondo quanto riporta oggi la CNN, i consiglieri più stretti del presidente americano «gli avrebbero consigliato di non estendere la data del ritiro oltre alla data già fissata del 31 agosto». Dal Pentagono, infine, l’invito pressante a decidere entro oggi sul ritiro visto anche la difficoltà logistica di sgomberare i 5.800 soldati americani che presidiano l’aeroporto di Kabul.