Prende il via oggi a Borgo Egnazia il G7 a guida italiana in un clima di particolare incertezza per alcuni capi di Stato e di Governo, soprattutto dopo le elezioni europee e in attesa di quelle nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Come ci spiega Mario Deaglio, curatore del terzo Rapporto sul mondo postglobale del Centro Einaudi (edito da Guerini e Associati) dal titolo “Il mondo ha perso la bussola”, «una delle dimensioni dell’attuale incertezza riguarda il fatto che non sappiamo individuare quale sia, tra le tante, la principale sfida a livello globale, dato che si alimentano l’un l’altra. Questo fa sì che chi si trova a governare, come si è visto anche nelle consultazioni europee della scorsa settimana, non sappia esattamente cosa fare, anche perché quello che dal suo punto di vista appare come un vantaggio collettivo nelle scelte che prende non viene percepito come tale dai cittadini e si crea uno scollamento. A proposito di incertezza, inoltre, credo sia interessante far notare un qualcosa che ho appreso di recente».
A che cosa si riferisce?
Da tempo si parla del potenziale di alcuni Paesi come India e Nigeria data dal loro andamento demografico. Tuttavia, come ha messo in evidenzia neodemos.info, in India non si tiene un censimento dal 2011, mentre in Nigeria addirittura dal 2006. Forse, quindi, le proiezioni sulla popolazione futura in quei Paesi andrebbero riviste prima di tornare a parlare della loro forza.
L’incertezza sembra regnare anche su molti dei Paesi del G7. Come vede la situazione di quello che viene considerato il fronte delle democrazie occidentali?
Non la vedo particolarmente rosea. Il G7 otterrebbe un buon risultato se riuscisse a esercitare pressioni su Zelensky perché si sieda a un tavolo per arrivare a un accordo di pace. La conferenza di alto livello che si terrà in Svizzera nei prossimi giorni potrebbe essere un buon punto di partenza, ma occorre anche che il Presidente ucraino sia meno rigido, in particolare sulla Crimea.
A suo avviso, quindi, il risultato principale che si potrebbe raggiungere al G7 riguarda l’Ucraina?
Sì. Il consenso di Zelensky è in calo e ritengo che i russi si siederebbero volentieri al tavolo perché anche loro non stanno attraversando un buon momento. Penso oggi sia più facile lavorare per un accordo al di là del frastuono delle dichiarazioni che ci sono state recentemente.
Lei pensa sia possibile un accordo anche se al G7 si parlerà di usare i rendimenti degli asset russi congelati per l’Ucraina?
Spero che ci sia un ripensamento in merito, perché una decisione di questo genere rappresenterebbe un pessimo precedente.
Sul tavolo del G7 c’è di fatto anche la Cina. Pechino nelle scorse ore ha fatto sapere che non accetterà sanzioni unilaterali per i suoi rapporti con la Russia e ha avvisato l’Ue che non rimarrà inerme di fronte ai nuovi dazi sulle auto elettriche.
Pechino vuole un mondo in cui i flussi commerciali cinesi siano al primo posto, con esportazioni a valore aggiunto più alto e conquista dei mercati, come potrebbe accadere per l’auto elettrica grazie non solo al monopolio sulle terre rare e alle buone tecnologie, ma anche all’errore compiuto in Europa: lo stop ai motori endotermici dal 2035 è stato di fatto un favore a Pechino. Credo sia difficile che si arrivi a uno scontro frontale con la Cina, c’è sempre modo di trovare una qualche forma di accordo. Per il gigante asiatico restano più importanti i piani a lungo termine, come quello cui sta lavorando riguardo i Brics per creare un’alternativa al dollaro per il Sud del mondo.
In questo momento, per importanza a livello globale, i Brics sono paragonabili al G7?
Se i dati in nostro possesso vanno nella giusta direzione rappresentano quasi la metà della popolazione e circa un terzo del Pil globali. Tra l’altro stanno andando avanti più in fretta di noi, quindi il gap attuale che vede il G7 in vantaggio si ridurrà ancora nei prossimi anni.
I Brics possono contare anche su un maggior coordinamento?
In questo momento sì, soprattutto perché l’Europa è in una situazione complicata e gli Stati Uniti, come del resto anche il Regno Unito, sono in attesa di elezioni importanti.
C’è anche chi contrappone G7 e Brics sul fronte finanziario, evidenziando che i Paesi del Sud del mondo sono ricchi di materie prime, mentre nell’Occidente la ricchezza pare più basata sulla carta, dalle azioni ai derivati fino a titoli di stato che coprono debiti crescenti. Cosa ne pensa?
In parte è così. Mi sento di aggiungere che fino a quando c’è la carta va ancora bene, il problema può sorgere quando la ricchezza viene basata sui bit come vediamo nel caso delle criptovalute.
Quello che sta dicendo vale anche per le valute digitali emesse dalle Banche centrali?
Premetto che non sono un esperto, ma di fatto la Banca centrale con una moneta digitale non farebbe altro che facilitare e rendere più rapidi gli scambi. Non si tratterebbe di una valuta totalmente avulsa dalla realtà, rappresenterebbe un supplemento di moneta.
Parlando di Cina non si può non menzionare la questione Taiwan. Nel momento in cui aumenterà la produzione di chip negli Stati Uniti, l’indipendenza dell’isola diventerà meno importante per l’Occidente?
È difficile rispondere, ma credo dipenderà anche dallo sviluppo che avrà l’Intelligenza artificiale, un altro tema di cui si parlerà al G7. Oltre a poter aver risvolti positivi, come già li ha in alcune applicazioni, per esempio negli elettrodomestici o negli smartphone, l’IA ne può avere anche di negativi e preoccupanti, come nel caso del deepfake. C’è, quindi, da sperare che non venga utilizzata, per esempio, per cercare di influenzare l’opinione pubblica per certi scopi poco chiari.
(Lorenzo Torrisi)
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