VERSO IL G7 TURISMO 2024: LE SFIDE DELL’ITALIA

Sostenibilità, inclusione e digitalizzazione sono temi fondamentali per l’ecosistema turistico e saranno al centro del primo G7 dedicato al turismo, che si apre oggi a Firenze. Delle sfide e opportunità di un settore che ha un importante valore economico, sociale e culturale abbiamo discusso con Lino Enrico Stoppani, vicepresidente vicario di Confcommercio e presidente di Fipe Lombardia, l’associazione che rappresenta i pubblici esercizi della regione e dà voce a una rete di imprese con format commerciali diversi, ma in grado di fornire quei servizi che i turisti apprezzano maggiormente quando visitano il nostro Paese.



Il G7 Turismo 2024 rappresenta l’occasione per discutere il ruolo che il turismo può avere come volano di crescita economica e sviluppo sociale, ma anche per arrivare a linee guida condivise per rendere questa industria più sostenibile. L’obiettivo, infatti, è sviluppare un turismo responsabile e rispettoso delle risorse, ma comunque accessibile, in cui il fattore umano deve essere un elemento centrale. Aspetti che Stoppani ci aiuta a comprendere con la sua esperienza nel settore e grazie alla sua conoscenza delle realtà del nostro territorio.



Qual è, a parer suo, l’attuale contributo del settore turistico al PIL italiano e quali sono i margini di crescita strategici per il nostro Paese?

La scorsa settimana ho partecipato al Forum internazionale del Turismo e in questa occasione è emerso che il Pil italiano sta mantenendo addirittura la crescita di qualche decimale proprio grazie al turismo. Il ministro nelle sue conclusioni ha dichiarato che, considerando l’indotto, il contributo del Pil arriva al 18%. Sono numeri sicuramente notevoli ed importanti, soprattutto in un Paese che non cresce come il nostro per le difficoltà sul fronte produttivo e industriale che conosciamo.



È chiaro che per mantenere questa crescita bisogna innanzitutto provare a rafforzare le nostre eccellenze investendo sulla grande bellezza italiana, ma anche intervenire sulle diverse debolezze come la stagionalità, i “turismi vari” che non riescono a incrociarsi, per cui chi va al mare non visita le città d’arte o chi visita queste non va a vedere i siti archeologici o non passa dai laghi e dalle montagne.

C’è poi un grandissimo problema di competenze, un problema di nanismo imprenditoriale che forse in un certo senso è addirittura un pregio, perché evidentemente le piccole dimensioni dell’impresa consentono quelle elasticità che servono per formare questo mestiere. Per cui, il contributo che può dare il turismo è dimostrato dai dati del 2024. Le potenzialità ci sono, ma vanno sfruttate per evitare i rischi che riguardano non solo il turismo, ma l’Italia in generale.

Alla luce del recente Forum del Turismo, quali politiche o interventi considera prioritari per valorizzare l’impatto socioeconomico del turismo in Italia, visti anche i dati positivi di chiusura del 2024?

Ricorda la frase di Russell Crowe? “L’Italia è un dono degli Dei. Da amare, da rispettare, da onorare”. È tutto dire della consapevolezza che uno straniero ha del nostro Paese, delle potenzialità e della ricchezza che andrebbero però sfruttate meglio. Oggi molto spesso il turismo in Italia viene considerato non un fenomeno economico, ma di costume, senza dargli la dignità economica che merita. Lo si è visto bene durante il Covid, quando le attività di natura turistica sono state considerate non essenziali e quindi sono state chiuse.

È pur vero che il Paese ha bisogno di cure, investimenti, progetti per superare le debolezze, perché il turismo deve diventare sempre più uno strumento di soft power per il nostro paese, accrescendone il brand e la reputazione. Per far ciò c’è bisogno di investire sui servizi, distribuendo evidentemente meglio i flussi per evitare poi gli eccessi.

Il tema della sostenibilità è emerso come centrale durante il recente Forum del Turismo ed è al centro anche del G7 Turismo. Come può rappresentare un vantaggio competitivo per le imprese turistiche?

La sostenibilità oggi non è richiesta solo dall’ambiente ma anche dai turisti. Tra l’altro, è prossima l’introduzione anche del rating ESG per l’accesso al credito, con la conseguenza che se non hai le giuste attenzioni rischi anche di non avere accesso al credito che serve per gli investimenti. Il tema della sostenibilità impone attenzione sull’emissione di CO2, la necessità che le strutture ricettive usino energie rinnovabili e puntino sul risparmio energetico e l’economia circolare.

Ad esempio, nel settore della ristorazione c’è grande attenzione allo spreco alimentare. Ma la sostenibilità deve essere economica, quindi c’è bisogno anche di contributi per accompagnare le due grandi transizioni in atto, quella ecologica da un lato e quella digitale dall’altro, e avere una migliore sostenibilità su tutti i versanti.

L’overtourism è una delle sfide del settore. Come pensa che partnership tra pubblico e privato e strategie di destination management possano aiutare a gestire i flussi senza penalizzare il turismo?

Quello dell’overtourism probabilmente è un falso problema, perché oggi l’Italia si trova di fronte ad un paradosso: prima bisognava potenziare il turismo, ora sembra che sia diventato un pericoloso fiume da arginare. La demonizzazione del turismo è un atteggiamento che un paese a bassa crescita come l’Italia non può assolutamente permettersi.

È chiaro che ci sono diverse spiegazioni, come lo sviluppo delle compagnie aeree low cost o delle grandi navi da crociere che lavorando sui prezzi hanno incrementato la platea di viaggiatori nel nostro Paese. C’è poi l’esplosione degli affitti brevi, che hanno anche trasformato il tessuto urbano e sociale delle nostre città, e una forte domanda da parte di Paesi emergenti in grado di accedere a questo mercato.

Tutte queste situazioni richiedono soluzioni mirate, non ce n’è una sola, per cui se a Venezia c’è un problema di overtourism allora in determinati periodi si può anche alzare o modellare la tassa di soggiorno. L’Italia oggi ha bisogno di integrare meglio tutti i suoi “turismi” e di intercettare la domanda migliorando la sua offerta nelle tante fattispecie di cui ho fatto degli esempi.

Questo è il primo G7 Turismo, un bel segnale per un settore spesso trascurato. In cosa l’Italia è all’avanguardia e in cosa, invece, deve migliorare rispetto al resto d’Europa?

La grande bellezza – sottolineata anche da una personalità indipendente, obiettiva e autorevole come Russell Crowe – è il nostro punto di forza, ma è chiaro che, se da una parte abbiamo una potenzialità grazie all’eredità in termini di ricchezza museale, ambientale, paesaggistica e a livello di storia, dall’altra ci sono criticità. Innanzitutto, il nostro Paese deve imparare a fare sistema, cercando un coordinamento migliore, ad esempio intervenendo sul Titolo V della Costituzione.

Oggi il turismo è di competenza delle regioni, quindi manca un coordinamento e si disperdono risorse e si perde efficacia nella promozione della nostra offerta che deve essere unica e non diversificata per regioni o per città. Al Forum internazionale del Turismo a Firenze è emersa spesso questa raccomandazione e questa necessità.

Ma è chiaro che bisogna anche intervenire sulle debolezze, rafforzare il posizionamento e la convinzione del ruolo strategico che il turismo deve svolgere nel nostro Paese. Oggi invece è considerato residuale rispetto ad altri settori. Deve essere al centro anche delle politiche economiche, quindi bisogna investire sulla formazione e sulle competenze, sulla riqualificazione degli alberghi. Per far questo servono politiche mirate che oggi l’Italia sta cercando di individuare e su cui siamo ancora un po’ lontani, detto comunque con rispetto nei confronti di chi se ne sta occupando.

(Silvana Palazzo)