Perché tanti morti in Lombardia? E’ questa la domanda che apre un articolo del Corriere della Sera firmato da Milena Gabanelli e Simona Ravizza rispetto all’epidemia di coronavirus nella Regione più colpita d’Italia. Risposta univoca a questo quesito in effetti non c’è, al punto che le giornaliste scrivono: “Sarebbe ragionevole che il governatore Attilio Fontana e il suo assessore alla Sanità Giulio Gallera spiegassero onestamente perché in Lombardia c’è stato, e continua ad esserci, un numero di decessi così alto rispetto al Veneto e all’Emilia-Romagna, dove l’epidemia è partita quasi contemporaneamente“. Per spiegare cosa è andato storto in Lombardia non si può non partire dal caos verificatosi nelle unità di rianimazione, collassate sotto il peso di un’ondata di proporzioni impensabili. In tal senso Il Corriere della Sera scrive che il sistema sanitario lombardo, dove privato e pubblico sono messi sullo stesso piano “a ridosso del 21 febbraio, con i posti letto delle Terapie intensive sottodimensionati (8,5 su 100 mila abitanti contro i 10 dell’Emilia e del Veneto) e il 30% in gestione alla Sanità privata convenzionata” porta la Regione a dover “contrattare la loro attivazione con gli ospedali privati in un momento in cui il fattore tempo è determinante. Mentre tutti gli sforzi si concentrano nel potenziare il sistema ospedaliero davanti all’ondata di pazienti in gravi condizioni, ai primari non arrivano disposizioni chiare e al personale medico mancano i dispositivi di protezione“.



CORRIERE DELLA SERA: “POCA AUTONOMIA DECISIONALE DALLA REGIONE LOMBARDIA”

Nel mirino del Corriere della Sera anche l’operato della Regione nel tracciamento dei positivi: “La Lombardia abdica al ruolo di sorveglianza dei contagi sul territorio, dove è cruciale rintracciare e accertare un’eventuale positività dei cittadini a rischio, perché vicini a colleghi di lavoro e familiari ammalati. Per loro non è sempre previsto il tampone, e i contatti stretti troppo spesso non sono neppure chiamati dalle Asl (ora Ats) per il monitoraggio della quarantena“. A farne le spese sono pazienti e medici di base, letteralmente “mandati allo sbaraglio” prima che si decida di intervenire con una “delibera che dà indicazioni precise sulla gestione territoriale del Covid-19” risalente al 23 marzo, un mese dopo il focolaio di Codogno. Il paradosso rappresentato dal Corriere della Sera è che proprio la Lombardia, la Regione che storicamente reclama maggiore autonomia decisionale alla pari del Veneto, sia stata anche quella che ne ha esercitato meno nei giorni dell’emergenza. Prova ne è la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana costata un’ecatombe nei comuni di Alzano e Nembro.



GABANELLI: “REGIONE LOMBARDIA? PENSANO SOLO A CONFERENZA STAMPA”

Gabanelli e Ravizza citano anche le “giravolte sui tamponi” della Regione Lombardia, con la scelta di eseguirli solo ai plurisintomatici che “arriva dalle disposizioni ministeriali, così come la scelta degli ultimi dieci giorni di aumentarli è frutto dei provvedimenti del governo“. Anche in questo caso una scarsa autonomia. L’affondo del Corriere della Sera è pesante. Testualmente: “La Regione Lombardia dovrebbe avere il coraggio di correggere la rotta della sua politica sanitaria che mostra tutti i propri limiti. Ed è cruciale farlo adesso, per non trovarci a ottobre in una situazione peggiore. Governatore, assessore, direttore generale si consultano con i virologi di fiducia, molto occupati a raccontare le loro opinioni in tv. Ci hanno spiegato che le mascherine non servono, che i tamponi bisogna farli solo agli acuti, che era meglio curarsi a casa con la tachipirina. Poi hanno detto il contrario. (…) La preoccupazione sembra essere una sola: la conferenza stampa serale con la quale si comunica il numero dei morti, dei contagiati (che è solo il numero di coloro a cui sono stati fatti i test), e quello dei guariti (anche questo falso, basandosi solo sui dimessi dal pronto soccorso)“. Poi la conclusione: “Ricordiamo che la Lombardia è la regione più ricca d’Europa e che Milano è piena di eccellenze: il Politecnico, la Bocconi, Istituti di ricerca e analisi, imprenditori inarrendevoli, qualche banchiere illuminato, Fondazioni, e una grande rete di volontariato. Chiamate a raccolta le menti migliori, ma solo tre o quattro non una ventina, e fatevi aiutare a elaborare una strategia di uscita. Cominciate a scommettere su qualcosa. Bisogna fare i test sierologici, e subito. E quelli validati arriveranno a ore. Non è una situazione nella quale ci si può permettere di fare gli schizzinosi al solo fine di rivendicare poteri personali. Chi è morto in corsia, sacrificato per colpe non sue, non pensava né alla propria sedia né alla propria carriera“.

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