Gabriele Corsi è stato ospitato nel salotto di Francesca Fialdini del programma ‘Da noi a ruota libera‘ dove ha presentato il suo nuovissimo libro interamente incentrato sulla “storia del mio anno passato in una struttura per degenti psichiatrici che venivano dal manicomio nel 1998″ grazie al Servizio civile che gli è tornata alla mente – ricorda – “quando mio papà la memoria l’ha completamente persa e mi sono reso conto di tante cose che non ci siamo detti”. Tornando indietro al Servizio civile, Gabriele Corsi ci tiene a descriverla come “un’esperienza fondamentale” e che ha contribuito alla sua stessa formazione di adulto, così come l’ha fatto “ovviamente anche l’esperienza con mio papà”.



Gabriele Corsi: “Avrei voluto tenere mio padre per mano quando era ancora in grado di ricordarlo”

Entrando nel merito dell’accaduto al padre, Gabriele Corsi racconta che “è malato di una malattia molto simile all’Alzheimer” che ne sta causando – appunto – la completa perdita della memoria, ma prima di arrivare alla malattia ci tiene a descriverlo come una persona che “mi ha insegnato a non voltarmi dall’altra parte” e che gli ha sempre fatto sentire la certezza che “non mi potesse accadere nulla” di male mentre c’era lui in casa: “Si è guadagnato tutto quello che aveva”, senza mai mettere da parte la sua personalità, al punto da “licenziarsi perché non voleva produrre armi” e da rimanere “senza lavoro per alcuni anni”.



Ma tornando alla parte più difficile del suo ricordo, Gabriele Corsi ci tiene a mettere in chiaro che il suo libro vuole essere un modo per superare quello “stigma” che ancora oggi permea la questione delle malattie mentali: “Sembra che stoni parlarne – spiega -, abbiamo questo pudore dei sentimenti sul quale bisogna lavorare” perché solamente adesso lui si rende conto di “aver iniziato a piangere troppo tardi” o di non aver “mai tenuto mio padre per mano”. Quello di Gabriele Corsi – insomma – vuole essere un invito a “approfittare del tempo che abbiamo per dire alle persone importanti quanto le amiamo perché il tempo non torna” ed è certo meglio “vivere le cose quando ci sono, piuttosto che piangerle dopo”.

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